Sardegna, dove anche la birra ha un’anima

Bottiglie di birra prodotte in birrificio artigianale in Sardegna

Sardegna è sinonimo di mare dalle acque cristalline, ma anche di un vasto entroterra a vocazione contadina. È una regione ricca di aree naturalistiche come quella di Sant’Antioco, dove si trova una delle saline più importanti d’Italia, ma è anche e soprattutto un popolo fiero delle sue tradizioni. In aggiunta a tutto questo, la Sardegna è un vero e proprio giacimento di tesori enogastronomici: patria del Pecorino Sardo DOP, tra i più rinomati formaggi nostrani, e di prodotti identitari come il liquore di Mirto, oltre che di paste di semola tipiche come la fregula e altre specialità che abbiamo visto nell’articolo su cosa mangiare a Cagliari

Oggi però vi faremo scoprire un altro lato dell’eccellenza sarda, meno noto ma proprio per questo capace di sorprendere. E allora impugnate i boccali e preparatevi a brindare coi birrifici artigianali della Sardegna!

Cinque birrifici che raccontano il meglio di un territorio: la Sardegna

Birrificio artigianale in Sardegna
SurrealSee/shutterstock

L’anima sarda si fonda un’identità culturale forte, che non tradisce mai, anche quando scende a compromessi con la modernità. Così se la birra non è tra i prodotti storicamente legati alla regione, ha saputo trovare anche qui terreno fertile. Vocazione agricola, attitudine al saper fare artigiano e rispetto delle materie prime non fanno certo difetto al popolo sardo e hanno contribuito a creare i presupposti perché si sviluppasse un tessuto di realtà capaci di interpretare l’arte brassicola a un alto livello. Eccone di seguito cinque esempi, tra microbirrifici, birrifici agricoli e piccole attività nate dalla passione e dal coraggio di mettersi in gioco.

Birra Lara (Via Gennargentu 14 – Tertenia, NU)

Birrificio artigianale, Birra Lara
PH Birra Lara

Due imprenditori, entrambi con alle spalle una tradizione agricola di famiglia, uniti dalla passione per la birra: sono Gianni Piroddi e Francesca Lara, fondatori e tutt’oggi anima del microbirrificio Lara di Tertenia (Nuoro). Il loro percorso è iniziato nel 1999, quando il mondo della birra artigianale in Italia era ancora una nicchia semi-inesplorata. Roba per pochi. Roba soltanto per chi ci credeva davvero. Esattamente come Gianni e Francesca, che dopo anni di studio dei processi produttivi sono diventati mastri birrai, apportando ognuno la sua impronta. Ispirato allo stile fiammingo lui, più incline alla tradizione delle birre di frumento lei. Entrambi, però, accomunati da un ingrediente irrinunciabile: il territorio. L’anima sarda delle birre Lara si esprime infatti attraverso l’elemento base, ovvero l’acqua delle sorgenti di San Pietro, e l’utilizzo di malto d’orzo lavorato per l’80% in proprio. Tutto il repertorio si articola in otto referenze, suddivise due linee: la classica e le “4 sorelle”.

La linea classica include:

  • Tzar: birra chiara ispirata alle blonde ale inglesi, con corpo leggero e schiuma fine, conta su un profilo olfattivo delicatamente floreale ed erbaceo. Al gusto, invece, l’impatto con suggestioni d’uva bianca introduce a un finale luppolato. Freschezza e bevibilità sono i tratti distintivi, che mascherano bene i non trascurabili 6,1 gradi alcolici;
  • W16: colore giallo torbido, schiuma perlacea, compatta e persistente, tenore alcolico contenuto (5%) sono il biglietto da visita di questa weiss. E coerentemente allo stile, malto d’orzo e di frumento, insieme all’apporto del lievito, orchestrano una sinfonia fruttata, con note di banana e vaniglia su cui s’innesta un accenno acidulo. Il luppolo rimane più sullo sfondo per una bevuta delicata come una carezza; 
  • Rubja: potremmo definirla la IPA che non ti aspetti. Quando la versi si presenta ambrata e con un ben definito tappo di schiuma avorio che farebbe pensare a una bock o comunque a una birra maltata. I malti ci sono, sì, e apportano un buon sentore di tostatura, oltre a qualche accenno di frutta matura, ma c’è anche tanto luppolo, che arriva soprattutto sul finale ad asciugare il sorso. Una bevuta corposa, complessa (6,8% di gradazione alcolica), da vivere con intensità;
  • Del Senatore: il colore giallo opalescente e la generosa schiuma ricordano nell’aspetto lo stile blanche. E il profilo olfattivo mantiene fede a quest’aspettativa, portando subito al naso un gradevole bouquet floreale con sfumature agrumate. Elegante e delicata anche nel gusto, lascia in bocca sensazioni fruttate, amabili, con appena un accenno acidulo e note di bergamotto. Caratterizzata dall’utilizzo di grano duro Senatore Cappelli coltivato in azienda, è una bevuta leggera (con 4,9% di volume alcolico) e al contempo appagante.

Tra le “quattro sorelle” troviamo invece:

  • Moretta: dunkel weisse, ovvero dove i sentori maltati incontrano gli accenti acidulo-fruttati tipici delle birre di frumento. Un riuscito connubio di corposità e freschezza, dall’intenso colore bruno e tenore alcolico che si attesta al 6,1%;
  • Piculina: ambrata chiara, con schiuma fine e moderata frizzantezza, è un’esplosione fruttata, tanto al naso quanto al palato. Il tutto è dovuto a un sapiente dosaggio di malto d’orzo e di frumento e di luppolo, in combinazione con coriandolo e scorze d’arancio. Vivace e agrumata, come vuole lo stile saison cui s’ispira, e dalla moderata gradazione alcolica (5,2%), è una perfetta bevuta estiva;
  • Affumiada: il nome è già rivelatorio del carattere di questa birra dall’impenetrabile color ebano sormontato da una schiuma pannosa. La tostatura del malto regala sensazioni di torrefazione, che virano poi verso l’affumicato. Intensità e corpo “al prezzo” di un onesto 6% alcolico;
  • Sennora: il tenore alcolico sale deciso fino a toccare gli 8 gradi in questa bock dai toni caldi già a partire dal colore rosso intenso con cui si presenta. L’impatto è importante, c’è un sentore di frutta sotto spirito che si accompagna a suggestioni speziate e che intriga ad ogni sorso. Corposa e sostenuta, è ideale birra da meditazione per scandire serate d’inverno dinanzi al tepore di un camino.

Birrificio 4 Mori (S.P. 66 Montevecchio-Levante km 5,6 Località Scirìa – Guspini, SU)

bottiglie di birra del Birrificio 4 mori in Sardegna
PH Birrificio 4 mori

Ecco un fulgido esempio di come, attraverso una riconversione industriale, si possa creare una realtà produttiva all’insegna della qualità valorizzando al contempo un territorio e la sua storia. Il Birrificio 4 Mori ha preso forma all’interno del Parco Geominerario di Montevecchio (Guspini). Un tempo cava mineraria più importante dell’allora Regno d’Italia e oggi parte della rete dei Geo Parks Unesco, rappresenta un pezzo di storia e di cultura del Medio-Campidano, nella provincia Sud Sardegna. L’idea quindi di avviare una produzione brassicola in un contesto del genere la dice già lunga sulla forte identità territoriale del birrificio 4 Mori. Nato nel marzo 2013 dall’iniziativa di Antonio Zanda e Paolo Lai, i due soci fondatori, si è consolidato nel tempo fino alla dimensione attuale, che conta sull’apporto di altri sette dipendenti, tra cui il mastro birraio Matthias Muller e il birraio Fabio Serra

La gamma produttiva spazia tra vari stili, con una predilezione per le birre a bassa fermentazione. In questa tecnica, che si basa molto sul metodo della decozione, la scelta delle materie prime diventa ancora più importante. L’acqua purissima delle sorgenti locali è il primo irrinunciabile fattore. Poi c’è tanta voglia di restituire, attraverso la birra, l’anima di un territorio, con ingredienti come il grano duro autoctono e le castagne del Gennargentu.

Ma venendo al dunque, ecco nel dettaglio alcune delle birre 4 Mori, ciascuna identificata col nome dei pozzi delle miniere:   

  • Pozzo 16: chiara a bassa fermentazione, prodotta in doppia decozione, si ispira all’editto di purezza bavarese del 1516, quello che ammette come ingredienti della birra solo acqua, malto d’orzo e luppolo. Una base semplice su cui è costruito un equilibrio armonico tra sentori di crosta di pane e richiami erbacei, che scorre facile sulla scia di una moderata vivacità e di un basso tenore alcolico (4,7%). È la prima delle birre prodotte da 4 Mori ed anche la più premiata: medaglia di bronzo al Brussels Beer Challenge del 2021, seconda nel 2022 e terza nel 2019 al concorso Birra dell’Anno promosso da UnionBirrai, oro al CICA (Concurso Internacional de Cervezas Artesanas) 2021 e al Barcelona Beer Challenge 2024;
  • Pozzo 9: lo stile di definizione è Vienna lager, in riferimento alla varietà di malto (Vienna, appunto) utilizzata, ma si rifà a una tradizione tutta tedesca di birre in bassa fermentazione. Color ruggine, con schiuma generosa e persistente, è amabilmente maltata. Sentori caramellati, accenni di tostatura, supportati da una non trascurabile frizzantezza e da una certa corposità, sono il leitmotiv che scandisce l’intera bevuta. La moderata gradazione alcolica (5,5%) contribuisce a farne una birra di facile beva. Seconda nata della casa, ha ottenuto premi e riconoscimenti, quali la medaglia d’argento al Concours International de Lyon 2022, le medaglie d’oro del 2021 sia al CICA, sia al Brussels Beer Challenge e ancora al Barcelona Beer Challenge 2024; 
  • Pozzo 20: american pale ale prodotta con la tecnica dei luppoli in dry hopping è stata la prima birra in alta fermentazione di 4 Mori. Color giallo oro con un discreto cappello di schiuma a sormontarla, si presenta al naso con un bouquet di frutta tropicale e suggestioni floreali. In bocca sorprende con sentori caramellati prima di aprirsi verso le articolate sfumature donate dai luppoli americani, che le conferiscono un carattere amaricante e un finale asciutto. Molto scorrevole, grazie anche al suo modesto 4,5% di alcol, e con un efficace effetto di freschezza in bocca, è stata due volte medaglia di bronzo al CICA (2021 e 2022);
  • Pozzo 5: birra scura, stile dunkel bock, a bassa fermentazione, si caratterizza per l’avvincente contrasto tra il bianco avorio dello strato di schiuma sopra e l’impenetrabile color ebano sotto. Intensa fin dal primo sorso, con un tenore alcolico sostenuto (6,7%), evoca umori tostati e di frutta secca per poi lasciare spazio a un finale che vira verso il torbato. Il tocco a sorpresa è infatti l’affumicatura del malto con legno di quercia. Birra imperdibile Slow Food nel 2021, ha ottenuto la medaglia d’oro al Premio Cerevisia 2016 nella categoria “birre a bassa fermentazione sud e isole” e ancora un oro al CICA 2022;
  • Pozzo 7: colore giallo carico, torbida, con una schiuma compatta e persistente e intriganti profumi di banana e chiodi di garofano sono tutti indizi che portano a identificarla come una weiss. Il resto lo fanno lo spunto acidulo, una buona corposità e una ben presente frizzantezza, che insieme al tenore alcolico tipico dello stile (5%), completano il quadro di una bevuta capace di appagare e dissetare al contempo;
  • Pozzo 6: chiara e limpida in perfetto stile german pils, esprime già alla vista facilità di bevuta. E al palato ripaga questa aspettativa, con la solleticante vivacità delle bollicine e un gioco di alternanze tra malto e luppolo che si risolve sul finale a favore di quest’ultimo. Gradazione alcolica tipica da pilsner (5%) e finale asciutto, nel 2024 ha ottenuto due medaglie d’argento rispettivamente al Concours International de Lyon e al Concorso International Frankfurt;
  • Pozzo 3: ecco un chiaro omaggio al territorio e alla stagione autunnale. La Pozzo 3 racchiude in sé la morbidezza del malto e delle castagne biodiverse del Gennargentu. Quest’ultime apportano inoltre il carattere dei processi di tostatura e di affumicatura cui vengono sottoposte. Nonostante sia corposa e con un discreto volume alcolico (6,2%), rivela una piacevole bevibilità. Tra i riconoscimenti ottenuti: menzione al concorso Birra dell’Anno 2020 e terzo posto al Gran Premio Nazionale di birra con le castagne.

Altre referenze sono la Pozzo 8, birra chiara in stile pale ale con una spiccata nota agrumata e di frutta esotica dovuta ai luppoli Columbus e Comet, la Pozzo 21b – suggestivo incontro tra il mondo weiss e quello delle IPA – e la Pozzo X, märzen dai riflessi dorati che omaggia l’Oktoberfest. Infine, la Pozzo 25 che, col calore avvolgente dovuto all’impiego del riso e alla speziatura di cannella e chiodi di garofano, si inserisce nel novero delle birre ispirate al Natale

Le birre 4 Mori sono tutte acquistabili dal canale vendita del sito, ma per chi ne avesse occasione vale la pena andarle ad assaporare direttamente in loco. In primis perché è il modo migliore per apprezzare il processo produttivo ispirato alla massima sostenibilità ambientale: attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili e con l’obiettivo a breve termine di avviare la coltivazione diretta dell’orzo impiegato per la brassatura. Ma soprattutto, visitando il birrificio si potrà vivere un’esperienza immersiva di un luogo pieno di suggestione, capace di raccontare una storia che non c’è più, ma che è ancora palpabile. Quella che racchiude la forza di spirito di un popolo e della sua terra. La stessa che è poi l’anima istillata in ogni sorso delle birre 4 Mori.

Birrificio Marduk (Via Guglielmo Marconi 66 – Irgoli, NU)

Birrificio artigianale in Sardegna, Birrificio Marduk
PH Birrificio Marduk

Passione, cuore e anni di studio e sperimentazione: così l’idea di due ragazzi ha preso forma nel birrificio Marduk (Irgoli, Nuoro). I due ragazzi sono Mauro Loddo e Giuseppe Murru, che nel 2007 hanno iniziato a cimentarsi con le prime prove di cotte casalinghe. Ma il percorso che li ha portati a mettere in piedi una realtà strutturata è stato lungo e impegnativo. Anni di studio, di tentativi e soprattutto di lavoro, come quello condotto in prima persona per convertire una vecchia salumeria dismessa in quella che, dal 2013, è diventata ufficialmente la sede del birrificio. 

Oggi Marduk è un raro esempio di birrificio agricolo a filiera corta, ovvero che coltiva e processa in proprio il 95% delle materie prime utilizzate per la produzione. Luppolo e orzo sono coltivati nei campi della tenuta adiacente al fiume Cedrino, senza ricorso a diserbanti e pesticidi e seguendo un’attenta rotazione delle colture per evitare il sovrasfruttamento del suolo. Gli scarti di lavorazione diventano inoltre alimento per gli animali allevati in loco, principalmente bovini di razza Black Angus. Un esempio non solo di circolarità, ma anche di “chilometro zero”, dal momento che tutte le materie prime vengono trasformate direttamente in azienda, senza esternalizzazioni. Da una passione domestica quindi a una realtà che gestisce e controlla l’intera filiera, senza lasciare nulla al caso. Il risultato è un catalogo di birre che concentra l’essenza di un’intera isola dentro il bicchiere. 

Sono sei le referenze fisse:

  • Pilsner: chiara a bassa fermentazione, si annuncia al naso con un delicato bouquet floreale che porta in dote sentori erbacei bilanciati da una fine maltatura. Coi suoi onesti 5 gradi alcolici, scorre via facile ed equilibrata, ripulisce la bocca e invoglia a un nuovo sorso;
  • Sexy Pompìa: ecco un vero esempio di territorialità! La pompìa è infatti un agrume endemico della Sardegna, riscoperto negli anni Novanta del secolo scorso, e diventato presidio Slow Food nel 2004. Simile a un limone tozzo e dalla buccia bitorzoluta nell’aspetto, si ritiene sia frutto di un incrocio spontaneo tra cedro, arancio e limone. E la Sexy Pompìa è una birra a bassa fermentazione con una base di malto caramello e una bassa gradazione alcolica (4,5%) che fanno scorrere agevolmente la bevuta verso un finale in cui una leggera nota amaricante introduce la chiosa agrumata. Ideale in una calda serata estiva, disseta e incuriosisce, col rischio di sedurre; 
  • Pale Ale: birra ambrata chiara ad alta fermentazione, realizzata con una combinazione di malti e luppoli in dry hopping, tra cui spicca la varietà Cascade coltivata in loco. Gradazione alcolica moderata (5,5,%), corpo medio e una tendenza amaricante sono la base su cui si innesta una sinfonia di delicati accenti floreali e fruttati da cui emergono suggestioni tropicali;
  • IPA: il nome è già una dichiarazione d’intenti. In questa ambrata scura introdotta da una generosa schiuma a farla da padrone è il luppolo. In particolare la combinazione di varietà Cascade e Columbus crea una trama di sfumature aromatiche, dal resinoso all’agrumato, che scorre su un binario prettamente amaricante. Schietta e diretta, senza far pesare troppo il suo grado alcolico (6%);
  • Black IPA: scura, con uno sviluppato cappello di schiuma pannosa, all’apparenza potrebbe far pensare a una stout. E invece è un’azzardata ma riuscita fusione dei sentori tostati tipici di questo stile con la perentorietà del luppolo. In questo caso si tratta della varietà Topaz australiano, che infonde una vena resinosa ed erbacea a un solido tessuto di suggestioni di cacao e caffé. Una robusta sferzata di facile beva nonostante il grado alcolico piuttosto sostenuto (6,5%);
  • Altbier: birra color rosso rubino da 6 gradi alcolici, è un trionfo di malti scuri. Amabile senza mai risultare stucchevole, con una vivacità appena accennata, che solletica il palato e non disturba, una schiuma generosa e soprattutto una complessità aromatica sorprendente. Ad ogni sorso lascia dietro di sé un retrogusto di nocciola davvero intrigante. 

Ci sono poi la Harvest e la Session, le due birre stagionali della casa. La prima è prodotta in autunno e può essere considerata una celebrazione del raccolto. In questa ambrata scura dal tenore alcolico medio (5,5%) si concentra la potenza dei malti d’orzo d’annata e i luppoli appena colti nei campi di cui l’azienda dispone. In particolare, il luppolo Columbus si fa sentire, col suo tenore amaricante che bilancia alla perfezione la spinta corposa e avvolgente dei malti. La Session, invece, è la birra estiva della casa: basso grado alcolico (4,5%), colore giallo velato e schiuma fine la fanno sembrare la classica pilsner. A definirla però è la combinazione di luppoli, che le conferiscono un carattere esotico, con una spiccata secchezza sul finale, che disseta e pulisce il palato preparandolo a un nuovo sorso.

Tutte prodotte in bottiglie da 50 cl, le birre Marduk sono acquistabili dalla sezione e-commerce del sito, con spedizione in tutta Italia. Chi fosse di passaggio in quest’angolo di Sardegna, invece, può degustarle direttamente alla spina, nella tap room – con annessa bottega dei prodotti di filiera – del birrificio.

Birrificio Mezzavia (Via Alexander Fleming 3 – Selargius, CA)

Birrificio Mezzavia in Sardegna
PH Birrificio Mezzavia

L’atto di produrre birra artigianale richiede pazienza, dedizione e sensibilità al punto di poterlo considerare arte. E in quanto tale non deve sorprendere se trae ispirazione dalla poesia. Come nel caso del Birrificio Mezzavia (Selargius, Cagliari), così chiamato in omaggio al componimento “Dopo la tristezza” di Umberto Saba, con particolare riferimento al passaggio: “e della birra mi godo l’amaro / seduto del ritorno a mezza via / in faccia ai monti annuvolati e al faro”. 

Da questa immagine di armoniosa e pacifica sospensione, scandita dal sorseggiare una birra, nasce quindi la storia di Gian Michele Deiana e Alessandro Melis. Sono loro gli artefici di una realtà che ha visto la luce nel 2014 e che ha iniziato presto a raccogliere soddisfazioni e riconoscimenti fondamentali per puntellare la convinzione di avere intrapreso la strada giusta. Una strada fatta soprattutto di attenzione maniacale ai processi produttivi e alla qualità, al punto che lo stabilimento rinnovato nel 2023, oltre a contare su un ampliamento degli impianti, comprende un laboratorio. Qui si eseguono test e analisi per garantire sempre gli stessi elevati standard qualitativi. Quelli che caratterizzano l’intera gamma di birre Mezzavia, che ad oggi contano su dieci referenze tra fisse e stagionali. 

Eccone alcune:

  • Lunamonda: colore paglierino, leggermente velato, che ricorda la luna piena: in parte il nome è legato a questo. Per l’altra parte invece si fa riferimento al gioco della cavallina, che in Sardegna si dice appunto “lunamonda”. E la facilità scherzosa e leggiadra di questo gioco è la metafora perfetta per descrivere il carattere di una birra ispirata allo stile blanche – moderata sia nella frizzantezza, sia nel grado alcolico (4,8%) – che gioca su una combinazione di luppoli nobili e spezie tale da renderla fresca e beverina a tutto campo, da sola o in accompagnamento a piatti non impegnativi;
  • Meridie: l’altra prima nata della casa è ispirata alle golden ale inglesi. Colore dorato carico e bianca schiuma dal perlage fine, risulta delicatamente aromatica al naso. Accenni floreali accompagnano il palato verso un’esperienza che scorre via facile nel solco dei luppoli europei, capaci di determinare una chiusura amaricante ma con giudizio. Non ci sono eccessi, nemmeno nella componente alcolica (5,6%), ma solo facilità di bevuta, come del resto il nome vuole indicare. Meridie è infatti il termine latino con cui si fa riferimento al mezzogiorno, il momento della giornata in cui il sole è alto e detta il desiderio di qualcosa di semplice e conviviale; 
  • Gare de Roubaix: ispirata allo stile belga delle bière de garde, si presenta con un colore ramato intenso cui fa da contraltare un ben definito cappello di schiuma avorio. Una possente base maltata la rende d’impatto amabile, ma l’azione dei luppoli è ben orchestrata per darle una sfumatura amaricante che la rende complessa ed elegante. Coi suoi 6,4 gradi alcolici e una frizzantezza appena accennata, è una birra da sorseggiare con lentezza, come suggerisce anche il nome. Gare in francese significa “stazione” e il riferimento è a uno stile di bevuta lento e calmo a scandire l’attesa del prossimo viaggio. Tra i tanti riconoscimenti ottenuti spiccano la Medaglia d’oro al Brussels Beer Challenge 2022 nella categoria “Pale & amber ale – Bières de garde ambrée” e il titolo di “Birra imperdibile 2021” Slow Food;
  • Malacoda: si resta nel solco dell’ispirazione belga con questa strong ale color oro, con una schiuma ben definita e persistente e moderata frizzantezza. Intensamente fruttata sia al naso, sia al palato, rivela suggestioni di pesca, banana e uva bianca con intriganti sfumature speziate e un finale che vira verso l’amaro. Corposa e fresca al contempo, maschera bene i suoi “pericolosi” (come la creatura dantesca cui il nome è ispirato) 7,5 gradi alcolici. Inserita nella “Guida alle birre d’Italia 2019” di Slow Food.

Tra le altre referenze fisse troviamo la Nautilus, imperial stout dall’intensa impronta di caffè e torrefazione con una base alcolica sostenuta (9,5%), la Doralice, una piacevole chiara a bassa fermentazione in stile bavarese, la Stilema, classica american IPA col luppolo protagonista e la Primula, ispirata alle pilsner tedesche, caratterizzata quindi da bassa gradazione alcolica (5,1%) e facile beva. C’è poi la City Folk, american pale ale medaglia d’argento di categoria al Brussels Beer Challenge del 2022.

Infine, le due stagionali della casa: 

  • Mùvara: il denso colore tra il giallo e l’ambrato, che ricorda il miele, sormontato da un cappello di schiuma pannoso e persistente è il biglietto da visita di questa maibock, che si rifà alla tradizione delle birre primaverili tedesche. Dentro questa birra c’è una sinfonia di luppoli freschi di raccolto, che fa da sfondo a una voluttuosa concertazione di malto e miele. Ne risulta una bevuta amabile senza tuttavia risultare troppo sdolcinata, che scorre piacevole e leggera (nonostante gli importanti 6,8 gradi alcolici) verso un finale asciutto e appagante; 
  • Corba: l’intenso color testa di moro su cui monta un denso e sviluppato strato di schiuma suggeriscono calore e morbidezza. E in effetti questa brown porter è un abbraccio avvolgente di sentori tostati: i malti evocano suggestioni di nocciola a caramello, mentre i luppoli agiscono silenti nelle retrovie, senza farsi sentire troppo al palato ma garantendo una facilità di bevuta che coccola e sorprende. E sorpresa nella sorpresa è la gradazione alcolica contenuta al 5%. Un riuscito omaggio all’autunno premiato con la medaglia di bronzo al Brussels Beer Challenge 2022 nella categoria “Porter” e il titolo di “Birra Imperdibile” Slow Food 2021

Tutta la gamma del birrificio Mezzavia, disponibile in bottiglie da 33 cl e 75 cl, è acquistabile direttamente dal sito, mentre tra i progetti imminenti c’è l’inaugurazione di una tap-room che permetterà di degustare direttamente in loco e alla spina le birre della casa.

Birra Dolmen (Zona Industriale Predda Niedda, Strada 31 – Sassari, SS)

Birrificio Dolmen
PH Birrificio Dolmen

Nato nel 2005 dalla volontà di Fabio Scarpa, fondatore nonché mastro birraio, il marchio Birra Dolmen (Sassari) ha sempre puntato forte su due principi cardine: artigianalità e territorialità. L’artigianalità è espressa nella filosofia produttiva, orientata al rispetto dei tempi necessari alla selezione delle materie prime e alla loro corretta lavorazione. Il tutto per mettere a punto un prodotto non filtrato, non pastorizzato e rifermentato direttamente in bottiglia o in fusto. Sono gli elementi che distinguono una birra artigianale da una industriale, ma ai tempi in cui il progetto ha visto la luce sembrava una scommessa azzardata. 

Se la scommessa si può dire vinta è anche grazie alla territorialità, ovvero il voler dare un carattere definito alle proprie birre. E in questo caso si parla di un’anima sarda, che si traduce in acqua purissima e materie prime possibilmente locali. Una scelta di autenticità, simboleggiata anche dal nome e dal logo: il dolmen è infatti uno dei più noti e antichi monumenti megalitici di cui la Sardegna vanta numerosi reperti. 

Il catalogo è semplice e lineare, conta su sei referenze, tutte fisse e ispirate ad altrettanti stili birrari:

  • Ale: color oro intenso, al bicchiere forma uno strato di schiuma fine e persistente. Nonostante il moderato volume alcolico (5%) rivela un buon corpo, mentre il perfetto equilibrio tra malto e luppolo si risolve solo sul finale, che tende leggermente verso l’amaro;
  • Blanche: ispirata all’omonimo stile belga, si presenta in tutta la sua eleganza: colore giallo opalescente, leggermente torbida e con un cappello di schiuma che esprime abbondanza e candore. Gentile sia al naso, sia al palato: lo accarezza senza mai aggredirlo. Una moderata frizzantezza fa da base a un riuscito connubio di sentori floreali e speziati. Scivola via fa piacevole e facile, grazie anche al suo contenuto tenore alcolico (5%), con un retrogusto acidulo che chiude il sorso lasciando un senso di freschezza; 
  • Bock: colore rosso rubino, introdotto dal bianco avorio della schiuma pannosa e persistente, frizzantezza contenuta e gradazione alcolica che si attesta al 6%. Seducente al naso, con profumi che richiamano frutta matura e caramello, in bocca è come uno spalancarsi di braccia che ti avvolgono nei piaceri morbidi e caldi del malto. Berla è come trovarsi in un accogliente posto dove stare;
  • Ipa: il color ambra dai riflessi ramati insieme al bel cappello di schiuma compatta con cui si presenta potrebbero trarre in inganno. E invece sotto queste spoglie si cela una IPA, che gioca a nascondersi al primo impatto, rivelandosi sorprendentemente corposa e facendo sentire la presenza del malto. Poi però c’è la decisa rimonta del luppolo, che conduce verso un finale amaricante. Birra di carattere, che tuttavia non fa pesare il suo comunque medio tenore alcolico (5,5%);
  • Pils: un nome, uno stile: chiara, limpida, con una generosa schiuma perlacea, fa della bevibilità il suo mantra. Malto e luppolo vanno amabilmente a braccetto senza mai prevaricare l’uno sull’altro e portano verso un finale asciutto, che ripulisce il palato e invoglia a un nuovo sorso. Bollicine e gradazione alcolica contenuta (5%) la rendono l’ideale compagna di calde serate estive;
  • Weizen: altro stile tipico, che si caratterizza per l’utilizzo del malto di frumento. Giallo oro opalescente con abbondanza di schiuma, tanto morbida quanto persistente, si approccia col suo bouquet aromatico che evoca suggestioni di fiori di campo e di banana. In bocca rivela una solleticante vivacità, che apre a un gusto di primo impatto dolce ma sempre tendente all’acidulo. Sferzante e poco impegnativa, si beve facile anche grazie ai suoi 5 gradi alcolici.

Ciascuna delle birre Dolmen è prodotta e commercializzata in bottiglie da 33 cl, 50 cl e 75 cl – in alcuni casi è disponibile il formato magnum da 1,5 litri – ed acquistabile attraverso la sezione commerciale del sito.

Così come abbiamo già constatato coi birrifici artigianali abruzzesi, c’è un florido panorama di piccole realtà che producono birra non tanto per diventare marchi famosi e sdoganati nel mondo, ma per offrire il piacere di una bevuta capace di raccontare un territorio. E la Sardegna ha tanto da svelare… anche in fatto di birra. Non trovate? 

 

Immagine in evidenza di: Birrificio 4 mori

 

L’articolo Sardegna, dove anche la birra ha un’anima sembra essere il primo su Giornale del cibo.

Comments are closed.