Acqua di montagna e buona terra: Abruzzo, dove la birra sgorga felice!

     

    Appassionati e neofiti della birra artigianale italiana, abbiamo piacere di condurvi in Abruzzo. Le vette che questa regione può vantare non sono soltanto quelle innevate dell’Appennino, ma anche enogastronomiche. Basti citare gli arrosticini, protagonisti dello street food nazionale, il brodetto alla vastese, specialità espressione del legame col mare, ma anche prodotti DOP quali lo Zafferano dell’Aquila e ben tre varietà di olio EVO: Aprutino-Pescarese, Colline Teatine e Pretuziano delle Colline Teramane. Sapori intensi, da innaffiare con vini come il Montepulciano DOC, rosso tra i più antichi e diffusi del paese, o – perché no? – con una birra figlia di queste terre. Ed è lì che vi portiamo, a scoprire alcune produzioni brassicole che contribuiscono a dare lustro a questa regione.

    Il nostro sestetto ideale dei birrifici artigianali d’Abruzzo

    Il mare, un po’ di collina e tanta montagna: il profilo territoriale dell’Abruzzo corrisponde all’identikit di una regione con tutto il potenziale per produrre birre artigianali di qualità. L’esplorazione dei birrifici artigianali del Lazio e delle Marche, del resto, ce l’ha insegnato: dove c’è varietà di ambienti, c’è altrettanta varietà e abbondanza di materie prime. Quelle che poi sono la base anche per l’attività brassicola. A partire proprio dall’acqua, che in un territorio dove troviamo rilievi montuosi tra i più importanti d’Italia, come il Gran Sasso, la Maiella e Monti Marsicani, può contare sulla purezza delle sorgenti d’alta quota. Per fare la differenza però ci vuole l’estro, la sapienza e la dedizione di chi sa trarre il meglio di ciò che la natura offre per trasformarlo in esperienze di gusto. Proprio quello che fanno i sei protagonisti del nostro viaggio tra i birrifici artigianali dell’Abruzzo.

    Birrificio Mezzopasso (Via per Vittorito 31 – Popoli, PE)

    Credits @Mezzopasso

    Il primo passo di questo viaggio è un… mezzo passo. L’assist per il gioco di parole lo detta il nome stesso di questo birrificio nato nel 2014 grazie all’incontro tra Bernardo Perfetti e Gabriele Di Marcantonio, compagni di scuola con una spiccata passione per il mondo birrario. E la voglia di creare e sperimentare è cresciuta parallelamente al loro percorso di studi, rispettivamente in psicologia e giurisprudenza. Dalla prima cotta realizzata nel garage di casa nel 1998 sono arrivati a costruire una realtà in cui la loro arte è realizzare birre capaci di far dimenticare, nello spazio di una bevuta, il rumore del mondo di fuori. E il tutto è accaduto con lentezza, senza bruciare le tappe, mezzo passo alla volta appunto. Ecco quindi la filosofia che ispira tanto il nome quanto l’intera produzione, che conta su tredici tipologie di birra, capaci di spaziare tra i principali stili. Tra queste troviamo:

    • Millican Extra: ambrata, preannunciata da un pronunciato cappello di schiuma color crema, è una english strong ale da 7 gradi alcolici che sprigiona in prima battuta la potenza dei malti, capaci di dare corpo e morbide sensazioni al palato. Il gusto evolve attraverso toni amabili, con sfumature di caramello, biscotto e frutta secca, per poi trovare una redenzione amaricante, che ripulisce la bocca e chiama un nuovo sorso. Medaglia d’oro nella categoria strong ale al Brussels Beer Challenge del novembre 2023, dove ha ottenuto anche il prestigioso titolo di “Best of the Show”, ovvero migliore assoluta tra le oltre 2000 birre in concorso;
    • Kris Pils: il nome suggerisce già che si tratta di una pilsner, definita “german pilsner” per l’esattezza. Tradotto: una chiara leggera (5,2% di volume alcolico) e beverina, retta su un equilibrio perfetto tra malto e luppolo, che convivono senza mai prevaricarsi e lasciando filare via la bevuta su un binario di semplicità appagante. Caratteristiche che le sono valse il titolo di migliore birra per la categoria chiare a bassa fermentazione d’ispirazione tedesca e ceca (ovvero ciò che identifica lo stile pilsner) al concorso Birra dell’Anno 2024 promosso da Union Birrai; 
    • Red Stone: qui la voglia di osare e sperimentare ha saputo coniugare l’essenza luppolata di una IPA con le sensazioni caramellate e cioccolatose di una amber english ale. Si è arrivati così a definire uno stile, sintetizzato in modern english IPA, che si esprime di primo impatto attraverso il colore rubino e un discreto ma ben definito strato di schiuma pannosa. All’atto dell’assaggio, invece, ecco tutta la gamma di sfumature, che include l’amabile dolcezza dei malti e le arie resinose e fruttate apportate dalla combinazione di luppoli americani, australiani e neozelandesi. Il tutto arrotondato sul finale da un retrogusto vagamente affumicato. Un’esperienza da 5,9 gradi alcolici cui non si resta indifferenti. Come non lo è stata, del resto, la giuria della World Beer Cup di Las Vegas, che proprio nel maggio 2024 le ha assegnato la medaglia d’oro del concorso.

    Oltre alle sopracitate “campionesse”, il Birrificio Mezzopasso propone anche delle birre che sono un omaggio al territorio. In particolare:

    • Vox Popoli: il nome è già un biglietto da visita, col riferimento alla cittadina sede del birrificio e alla locuzione latina “vox populi”. Qui a prendere voce è una tripel d’ispirazione belga, col suo tenore alcolico sostenuto (8%) e attraverso l’eleganza di toni speziati e fruttati, da cui emerge un protagonista assoluto: lo zafferano, una delle eccellenze abruzzesi;
    • Vox Grossa: anche qui il tono è sostenuto, sia nella gradazione alcolica (sempre 8%), sia nel profilo aromatico. Elemento caratterizzante di questa rossa in stile belga è infatti l’utilizzo delle bacche di ginepro, che danno una sferzata acre alla base maltata;
    • Crevette Blanche: definita come “mediterranean blanche”, è l’interpretazione in chiave mediterranea delle chiare di frumento tipiche della cultura belga. Con la particolarità che qui c’è il grano della varietà solina (varietà autoctona, presidio Slow Food) a creare la base delicatamente maltata su cui si innestano scorze di limone, coriandolo e camomilla per definirne il profilo olfattivo e quello gustativo, che conta su eleganti suggestioni floreali ed erbacee con una nota citrica.

    Per scoprire le altre creazioni della gamma di Mezzopasso, rimandiamo al sito o alla visita al birrificio, che sorge a soli cinquecento metri dalle sorgenti del fiume Pescara. Ed è proprio questo l’ingrediente irrinunciabile, quello che rappresenta l’anima di ogni birra prodotta qui.

    Anbra – Anonima Brasseria Aquilana (Via Canapine snc – Fossa, AQ)

    Credits @ANBRA

    Anima e artefice di Anbra, acronimo di Anonima Brasseria Aquilana, è Luca Marcotullio. È lui ad aver concretizzato, nel 2010, il progetto di ridare vita a una ex falegnameria per farne la sede produttiva del suo microbirrificio. Una scommessa vinta, grazie anche al supporto del suo mentore Lorenzo Pilotto, birraio maltatore e profondo conoscitore della materia. Da allora Anbra ha fatto tanta strada e può contare oggi su una gamma di sedici referenze, incluse tre opzioni senza glutine, con una predilezione per la bassa fermentazione. Tra queste segnaliamo, in particolare:

    • Lager: chiara fin nel nome, che senza girarci troppo intorno si rifà allo stile keller e ci porta quindi in Baviera, col suo moderato tenore alcolico (5,2%) e con la sua scorrevolezza non eccessivamente gasata. Sensazioni di crosta di pane e cereale tostato accompagnano piacevolmente ogni sorso e conducono con leggerezza al fondo, quando viene facile cercarne ancora;
    • Pilsner: qui ci spostiamo su uno stile iconico che abbiamo visto essere protagonista del bere birra a Praga. E infatti parliamo di una bohemian pils di corpo leggero, chiara e limpida, annunciata da un cappello di schiuma perlaceo e compatto. A colpire però è soprattutto il bouquet aromatico, che parla la lingua dei fiori e del fieno, introduzione a una sorsata che si rivela inizialmente amabile per poi lasciare spazio all’impronta amaricante del luppolo. Secca, asciutta, beverina: disseta e appaga al contempo, al costo di soli 4,7 gradi alcolici. Segnalata da Slow Food come “birra quotidiana” nel 2019; 
    • Weizen: un nome, uno stile: dentro questa birra c’è tutta la forza dei malti d’orzo e di frumento, coi lieviti in sospensione a renderla torbida e a conferirle quel colore giallo oro che ricorda un campo di grano. Il cappello di schiuma è pannoso e persistente, mentre al palato si presenta amabile, con suggestioni di banana e spezie, chiuse da una nota acidula. Piacevole e mai impegnativa, grazie ai suoi modesti 5,4 gradi alcolici, si è classificata terza al concorso Birra dell’Anno 2016 di Union Birrai e ha ottenuto una menzione nella Guida alle Birre Artigianali 2017 di Slow Food;
    • Blanche: l’ispirazione porta questa volta verso il Belgio per una chiara opalescente che regala profumi floreali e note speziate. Oltre ai malti d’orzo e frumento, presente anche in fiocchi, ci sono infatti, coriandolo, scorza d’arancia e bergamotto a irrobustire il profilo aromatico e ad allietare il palato con delicata freschezza. Coi suoi contenuti 5,2 gradi alcolici è un inno al buon bere, premiata due volte al concorso Birra dell’Anno: 3° posto nel 2017, 1° posto nel 2018;
    • Special: color rubino, discreta schiuma avorio e limpidezza costituiscono l’impatto visivo di questa bock, che in bocca seduce con carezze maltate per poi sfumare verso un richiamo di luppolo a bilanciare il profilo gustativo. Gradazione alcolica media (5,6%) e moderata frizzantezza la rendono beverina anche senza bisogno di accompagnarla a piatti particolarmente strutturati. Terza classificata al concorso Birra dell’anno 2015, nel 2019 è stata menzionata come “Birra Slow” da Slow Food;
    • Diamond: il nome è promettente e alza l’aspettativa. Le radici di questa schwarzbier affondano in un’antica ricetta bavarese: scura e impenetrabile come una notte senza stelle, è sormontata da un bel cappello di schiuma compatta color beige. Al naso porta subito profumi di frutta secca e sentori di torrefazione. All’assaggio si rivela morbida e avvolgente, con le sue suggestioni di cioccolato e caffè, frutto del sapiente dosaggio dei malti tostati. Piena e ferma, ma mai impegnativa, grazie anche a un tenore alcolico contenuto (5,4%), mantiene fede alle aspettative. Un vero diamante, che non a caso ha fatto incetta di premi: 1° posto al Premio Cervesa 2016 nella categoria “Bassa Fermentazione”, 3° classificata al concorso Birra dell’Anno 2016 e menzionata dalla Guida alle Birre Artigianali 2017 di Slow Food.

    Una citazione la meritano anche la B9Nove e la D’Oro Rosso. Quest’ultima è una chiara a bassa fermentazione con schiuma fine e cremosa che rivela sin dal primo approccio il suo valore aggiunto, ovvero lo Zafferano dell’Aquila DOP: inconfondibile il tocco di eleganza che apporta sia a livello olfattivo, sia nel gusto. La B9Nove, invece, è un riuscitissimo esperimento di light beer, esempio di come il piacere di una buona birra possa esprimersi anche con una gradazione alcolica ai minimi sindacali (2,7%): una perfetta compagna di bevute per affrontare le arsure estive più impervie. 

    Questo e molto altro è ciò che Anbra offre e che propone anche nell’omonima birreria con tap room nel centro dell’Aquila. Infine, dal sito web è possibile trovare i riferimenti per prenotare una visita guidata al birrificio e immergersi quindi nell’atmosfera della vecchia falegnameria dove nasce ogni creazione del mastro birraio Luca Marcotullio.

    Birrificio Pesce Palla (Piazza Aqui 1 – Giuliano Teatino, CH)

    Credits @Pesce Palla

    La parola chiave del Birrificio Pesce Palla è unione, tanto nella vita quanto negli intenti. Dietro c’è infatti tutta la passione e la voglia di dare forma a un sogno di Luca Sborgia e di sua moglie Maria Grazie Baldassarre. E c’è anche tanta resilienza, quella che, dopo l’avvio dell’attività nel 2017 nei pressi di Pescara, ha portato a un significativo cambiamento. Il 2020 e la pandemia avevano incrinato tante certezze, ma invece di mettere fine alla storia è diventato un punto di svolta. È cambiata la sede ed è cambiata anche l’ispirazione. Ora il Birrificio Pesce Palla ha trovato la sua dimensione sui colli teatini, zona dove si produce una delle tre DOP olearie dell’Abruzzo, e ha un preciso scopo: produrre birre che non siano solo delle buone bevute, ma anche e soprattutto elemento di convivialità. Ogni birra è come un vestito che si adatta a un’occasione, è l’espressione umorale di un’emozione da condividere. Un concetto riassunto dal motto “buone birre, buone storie”. Ecco le storie, ovvero le birre, che raccontano al meglio questa realtà:

    • Parlè: ispirata all’atto al “parley”, ovvero l’atto del negoziare una tregua nei conflitti militari, è una chiara facile e beverina, che scorre via proprio come un discorso. Leggera, bilanciata nel gusto e poco alcolica (5%), è la birra da cui l’avventura di Pesce Palla ha avuto inizio;
    • Banditen: il termine è quello con cui i militari tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale appellavano i combattenti locali, che vi lottarono contro per liberare la loro terra. E quel carattere pugnace trova espressione in una irish ale ambrata, con la dolcezza del malto e la generosa schiuma ad ammansirne il discreto apporto alcolico (6%); 
    • VEStout: gioco di parole che incrocia il popolo dei Vestini, che abitò le terre d’Abruzzo prima dell’epoca dei romani, con lo stile stout, cui s’ispira. Ne risulta una scura, intensa nel colore, corposa al palato, ma con un tenore alcolico contenuto (4,5%), che la rende negli intenti di chi la produce una “birra da viaggio”;
    • Shiroyama: il nome si rifà in questo caso a un preciso episodio storico: la battaglia di Shiroyama, che nel 1877 segnò la fine dei Samurai e l’inizio della storia moderna del Giappone. La mano dell’esercito imperiale era armata dagli americani, proprio come i luppoli che caricano il “fuoco” di questa imperial IPA. C’è anche una abile tessitura di malti a dare corpo e struttura a questa birra, che nella sua complessità trasmette sensazioni terrose e torbate, su cui l’impronta amaricante però è sempre protagonista. Il tutto con un tenore alcolico sostenuto (8%), che la rende ideale per accompagnare pietanze dai sapori decisi o anche semplicemente come bevuta da meditazione.

    Una citazione a parte la meritano la Roots e la Honey Ale. La prima, prodotta in collaborazione col liquorificio 7579, è una spiced ale in cui un generoso e persistente cappello di schiuma introduce a sentori amari caratterizzati dall’uso della radice di genziana. La Honey Ale, invece, è una chiara morbida e profumata, con un basso tenore alcolico (4,5%) a renderla beverina e piacevolmente aromatica grazie al fine tocco del miele millefiori.

    In totale sono ben undici le referenze in produzione: oltre a quelle fisse, ci sono infatti le stagionali, come ad esempio la Pumpkin Ale alla zucca, speziata con cannella, zenzero e l’aggiunta di buccia d’arancia. Tutte possono essere acquistate e degustate direttamente presso il birrificio stesso. Qui c’è uno spazio dedicato alla convivialità, coerentemente alla filosofia aziendale, con la possibilità di abbinare le birre a stuzzicherie varie e anche di visitare gli impianti dove ogni giorno Luca e Maria Grazia scrivono nuove storie… tutte da bere.

    Birrificio Humus (Via S.Simplicio 18 – Ancarano, TE)

    Credits @Humus

    C’è tanto amore per la terra e ciò che sa donare dietro il Birrificio Humus. Il nome stesso, del resto, è indicativo della passione di Stefano Balestra, anima e fondatore di questa realtà nata nel 2021. La laurea in agraria è la solida base su cui ha costruito anni di studio e di tirocinio, che l’hanno portato anche all’estero. Decisiva in questo senso l’esperienza acquisita presso il Birrificio De Prael di Amsterdam: tanta gavetta per arrivare a ritagliarsi il proprio spazio e a definire la propria dimensione, fatta di idee chiare e principi saldi, come l’attenzione alle materie prime. A partire dall’acqua, quella della sorgente del Ruzzo, che sgorga nel cuore del Gran Sasso e che grazie alla sua bassa mineralità diventa base ideale per la produzione birraia. Poi c’è la scelta dei migliori luppoli sul mercato e soprattutto l’orzo. E qui c’è tutta la competenza di Stefano a fare la differenza: è lui a curarne la coltivazione, preoccupandosi della corretta concimazione e rotazione dei terreni in modo da ottenere chicchi delle dimensioni ideali e con un grado proteico equilibrato, né troppo alto né troppo basso, così esprimere il meglio nelle successive fasi di lavorazione, affidate alla malteria Monfarm a Foggia. Tutti questi fattori, come tessere d’un mosaico di arte brassicola, vanno a comporre il catalogo del Birrificio Humus, che conta su un totale di tredici referenze. Eccone alcune:

    • Humus Hell: dorata e “vestita” da un elegante cappello di schiuma, è una keller da 4,9%, che esprime tutta la semplicità dello stile: suggestioni di crosta di pane e cereali, al naso prima e in bocca poi, dove velature erbacee contribuiscono a definirne la rotondità del gusto e il perfetto equilibrio dolce-amaro, che ne elevano la bevibilità;
    • Humus Dunkel: il malto trova la sua massima espressione in questa dunkel dal colore ramato intenso e dalla generosa morbida schiuma. Il tema della morbidezza è il leitmotiv che accompagna l’intera bevuta, fatta di suadenti note di frutta secca e cereali tostati con accenni di miele di castagno. Avvolgente e al contempo scorrevole, disseta e appaga senza alti tassi alcolici da pagare (5,3%); 
    • Bora Bora: è il luppolo a ergersi protagonista assoluto in questa hazy IPA con un impatto olfattivo di frutta tropicale. Sentori di agrumi e frutto della passione catturano il naso e risucchiano letteralmente in un viaggio che porta direttamente a sulla East Coast, surfando su onde amaricanti che tuttavia non travolgono e anzi, sostenute da un corpo pronunciato e da un gradazione alcolica importante ma non eccessiva (6,3%), fanno scorrere via con agilità un sorso dopo l’altro;
    • Best Pep: session IPA prodotta in collaborazione con il locale Nonno Pep di Carpi (MO), è un riuscito connubio di luppoli che regala aromi resinosi e agrumati. Sorprendente per come sa risultare avvolgente in bocca, senza spingere troppo sull’amaro, ed esaltando una bevibilità agevolata dal tenore alcolico contenuto (4%). Premiata come numero uno della categoria al concorso Birra dell’Anno 2024 promosso da Union Birrai;
    • Sabba: color nocciola intenso e schiuma compatta e persistente sono il biglietto da visita di questa doppelbock, che spinge tanto sul malto. In bocca corposa e vellutata, seduce con la sua complessità, lasciando scie lunghe di nocciola e pane tostato: un’amabile carezza che non fa pesare la sua importante componente alcolica (7,7%);
    • Milk Way: definita cream stout, nell’aspetto ha tutti i crismi dello stile cui si rifà. Nero impenetrabile come la notte sovrastato da un cappello si chiuma pannoso e persistente, al palato rivela subito l’impronta maltata coi sentori torrefatti di caffé e liquirizia in evidenza. Subito dopo arriva però la nota caratterizzante, ovvero la presenza del lattosio, che si sposa amabilmente coi malti, creando sorprendenti e mai stucchevoli suggestioni di cappuccino. Una bevuta che si fa ricordare senza lasciare il segno a livello alcolico (5%).

    Per scoprire più da vicino la proposta del Birrificio Humus, rimandiamo al sito e alle pagine social o, ancora meglio, a una visita diretta allo spaccio e alla tap room, per una vera esperienza a chilometro zero.

    Birrificio Maiella (Località Cerrani, 28/b – Pretoro, CH)

    Incastonato in uno dei gioielli naturalistici dell’Abruzzo, ovvero il Parco Nazionale della Maiella, c’è un birrificio che ne porta orgogliosamente il nome. A fondarlo, nel 2008, è stato Massimo Di Prinzio, tuttora anima e artefice di una produzione brassicola che attinge alle risorse di un contesto unico e ne fa tesoro anche attraverso la collaborazione con tante realtà locali.

    Credits @Maiella

    Così si è sviluppato ed è cresciuto un progetto che, nonostante i tanti riconoscimenti ottenuti e l’ampliamento dei propri orizzonti commerciali, rimane fedele ai suoi principi cardine: lavorazione a mano, rusticità, territorio. Del nutrito catalogo di proposte, citiamo:

    • Isabel: una chiara dal colore giallo opalescente, tendente al bianco al punto da farla sembrare una blanche… quello che in realtà non è. Si tratta infatti di una APA (American Pale Ale), quindi prodotta col metodo dell’alta fermentazione e con un assortimento di luppoli americani, australiani e neozelandesi, che le garantiscono un importante bouquet fruttato, tendente all’agrumato, e un’impronta amaricante. Questa viene tuttavia riequilibrata dall’accorto dosaggio di malti tedeschi e britannici, col tocco di rusticità che viene dal territorio, ovvero il grano Senatore Cappelli. Piacevole complessità sensoriale e alta bevibilità (4,9% la gradazione alcolica) sono tratti distintivi che le sono valsi l’inclusione tra le Grandi Birre di Slow Food 2019;
    • Magia d’estate: il colore giallo carico e la schiuma compatta e persistente sono gli abiti con cui fa il suo ingresso in scena questa weiss delicatamente aromatica sia al naso che in bocca. Qui si fanno sentire il cereale, nella fattispecie il grano Senatore Cappelli, il lievito con la sua nota acidula e infine il graffio agrumato della scorza d’arancia. Beverina ma mai banale, è stata segnalata come “birra quotidiana” Slow Food nel 2015; 
    • Matthias: colore giallo dai riflessi aranciati e un cappello di schiuma perlacea e cremosa introducono a un’amabile incanto di cereali e miele. Questa birra esprime una morbidezza abboccata, che addolcisce il palato senza stancarlo, grazie al sapiente impiego di materie prime locali come grano Solina, farro biologico e miele d’acacia. Si arriva in fondo senza sentire la pur importante gradazione alcolica (6,7%) ma con la scia lunga di un’esperienza che vorresti non finisse mai. Premiata per due anni di fila (2012 e 2013) con la medaglia di bronzo al Brussels Beer Challenge e segnalata Grande Birra 2015 da Slow Food;
    • Bucefalo: il nome ispirato al destriero di Alessandro Magno promette qualcosa di potente. E in effetti il colore marrone scuro sormontato da un’abbondante schiuma pannosa suggeriscono già corposità e struttura. Aspetti che si ritrovano puntualmente all’atto dell’assaggio, quando sentori di caffè e liquirizia invadono ogni papilla e affondano il colpo supportati dall’impulso tostato del farro biologico. Sullo sfondo, richiami amaricanti suggeriti dai luppoli, per un’intensa bevuta da 9 gradi alcolici, che ben si accosta a piatti strutturati o a essere assaporata come birra da meditazione. Premiata con la medaglia di Bronzo al Brussels Beer Challenge del 2013, è prodotta anche in una versione speziata con cannella, vaniglia, coriandolo e scorze d’arancia che ne fa a tutti gli effetti una birra natalizia, citata come Grande Birra 2017 da Slow Food;
    • Novi Luna: colore chiaro e opalescenza esprimono tutto il candore di questa birra che seduce col suo delizioso bouquet aromatico. Una carezza delicata che vizia il palato grazie soprattutto a una sinfonia floreale ben orchestrata e supportata dall’azione ben bilanciata di malti e luppoli. Fresca, elegante, beverina esprime leggerezza anche nella gradazione alcolica contenuta (solo 3,9%): un’ideale compagna di sere d’estate che vanta l’attribuzione del titolo “birra slow” 2015 da parte di Slow Food.

    L’intera gamma del Birrificio Maiella è consultabile e acquistabile anche dalla sezione commerciale del sito, oltre che nell’annesso Brewpub&Beer Garden, uno spazio appositamente attrezzato ad area picnic perché i visitatori possano portarsi da mangiare da casa o grigliare in loco, annaffiando il tutto con le birre fresche di spillatura.

    Birrificio Opperbacco (Via Casarino 19 – Notaresco, TE)

    Credits @Opperbacco

    Le pendici del Gran Sasso da un lato e il mare Adriatico dall’altro, con distese di vigne e ulivi a circondarlo: la sede del Birrificio Opperbacco è una sintesi perfetta del territorio abruzzese e della diversità di elementi che sa racchiudere nello spazio di pochi chilometri. È in questo contesto che il mastro birraio Luigi Ricchiuti ha dato forma alla sua ambizione, quella di produrre birre ispirate agli stili tradizionali, aggiungendo però il suo personale mix di esperienza e di creatività. Era il 2009 quando tutto ha avuto inizio e da allora Opperbacco si è costruito una credibilità che l’ho porta ad essere una consolidata realtà nel panorama dei birrifici artigianali italiani. Le referenze sono raggruppate in quattro sezioni: origini, evoluzioni, abruxensis e nature. Le ultime due sono legate ai cicli della vendemmia e sono punto d’incontro tra il mondo vinicolo e quello brassicolo, con l’utilizzo di lieviti selezionati da uve locali e l’infusione di materie prime locali, come ad esempio carote, melograno, mele e radice di genziana. Le “origini” sono, invece, le prime storiche produzioni della casa, tra le quali:

    • 4 punto 7: il nome fa riferimento alla gradazione alcolica, volutamente contenuta (4,7%) a esaltare la facilità di beva di questa golden dove malto monaco e luppoli europei s’incontrano e creano un connubio vincente, in cui gradevoli sensazioni di cereale e crosta di pane sono protagoniste dal primo all’ultimo sorso;
    • L’una rossa: si alzano il grado alcolico (7%) e l’intensità sia cromatica, con un ambrato carico rifinito da un cappello di schiuma densa e compatta, sia di struttura. Corposa e avvolgente, mette in primo piano un trittico di malti scuri che le regala morbidezza e profonde note tostate e caramellate. Sullo sfondo, la sapiente combinazione di buccia d’arancia, coriandolo e zucchero candito a completare il profilo di una belgian ale complessa e appagante al contempo; 
    • 10 e lode: ispirata alla tradizione trappista belga, ecco una quadrupel dal 10% di volume alcolico che sprigiona tutta la potenza dei sei malti impiegati. Il profilo gustativo è complesso e ricco di sfumature, grazie anche alla presenza di tre varietà di luppolo e di frumento e avena non maltati, e ne fanno una gran birra da meditazione.

    Alla voce “evoluzioni” fanno capo, infine, le creazioni nate dopo anni di esperienza e di voglia di sperimentare. Eccone un paio di esempi:

    • Rusthell: nata dalla voglia di creare una helles, caratterizzata quindi da alta bevibilità e dal tenore alcolico contenuto (4,8%), con il carattere del territorio dentro. Ed ecco allora l’utilizzo del frumento Rosciola, una varietà locale nota anche come “grano del pastore”, che è la vera anima abruzzese di questa birra schietta dal finale morbido e secco;
    • Slip: chiara, semplice, come lo stile pilsner cui s’ispira, questa birra conta su una importante luppolatura, che le infonde le caratteristiche note erbacee. A riequilibrarla ci pensa però il malto pils 100% prodotto in proprio.

    Il Birrificio Opperbacco è un microcosmo da esplorare attraverso il sito e – perché no? – visitando l’Agripub annesso, dotato di una valida cucina, dove stuzzicherie e specialità locali sono innaffiate dalle otto birre ciclicamente proposte alla spina.

    È puntualmente arrivato il temuto momento di posare sul bancone il boccale vuoto. Ma solo con la promessa di tornare a riempirlo. Dopotutto, non trovate che vi abbiamo fornito validi spunti con questa panoramica sui birrifici artigianali dell’Abruzzo


    Immagine in evidenza di: WezTylkoSpojrz/shutterstock.com

     

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