Cervello di topo, ratto grigliato e altre delizie: da Gaggan un altro modo di fare ristorazione
Ecco: cervelli di topo per cena.
Ce li presenta così Gaggan Anand, attoriale e istigatore più che mai: «Io credo nella sostenibilità e nel chilometro zero. Ora, molti dei miei colleghi ristoratori possono affidarsi alla pesca, all’orto, alla caccia nei loro dintorni. Ma trovare prodotti a chilometro zero all’interno di una giungla di cemento quale è Bangkok, dove sono, è più difficile. Ero in difficoltà: molti locali si fregiano della stella verde e a me questa possibilità è preclusa?». (Fa trasparire delusione, ndr). «A venirmi in soccorso è stato un maestro di feng shui: ci siamo messi insieme alla ricerca di prodotti a km zero nei pressi del ristorante. A un certo punto abbiamo scoperchiato una botola e cosa abbiamo trovato? Tantissimi ratti! Si era ai tempi del lockdown, la gente era perlopiù chiusa a casa, ci siamo accorti che i ratti avevano preso possesso della città, erano per strada, sugli alberi, ovunque. Ecco allora l’idea: ne abbiamo catturato un bel numero e innanzitutto li abbiamo mandati per 15 giorni in una specie di Spa, han fatto la manicure e la pedicure. Già dopo questo periodo non sembravano più ratti, piuttosto topi raffinati. Poi, per ulteriori 21 giorni, li abbiamo nutriti con i migliori manicaretti, il meglio del meglio; abbiamo fatto ingurgitare loro (a forza, per la verità) una zuppa con cipolle, aglio e aromi. Han bevuto buon whisky. A quel punto erano pronti per essere cucinati. Ora posso proporvi il piatto di carne più sostenibile che ci possa essere a Bangkok: carne di topo!». I loro cervelli, poi, sono una vera chicca.
[[ima24]]Passo indietro. Nell’ambito dell’alta cucina (alta-alta intendo) esistono almeno due tipologie di ristoranti diversi tra di loro: quelli diciamo più classici, che puntano su cibo&vino&servizio, quindi Osteria Francescana, Noma, Mirazur, Geranium… E altri che spettacolarizzano all’estremo quanto accade a tavola, sono format a parte perché puntano molto sull’emozionalità e il coinvolgimento del commensale, cosicché possiamo dire che nel prezzo del menu (diremmo quasi: nel biglietto d’entrata, come a teatro) sia compreso non solo il pasto, ma quella che risulta una vera e propria experience. Così è ad esempio al Disfrutar di Barcellona, al piano di sotto, nella sua “mesa viva”; o all’Alchemist di Copenhagen; o al Sublimotion di Ibiza; o all’Ultraviolet di Shanghai. Luoghi dove il cibo s’integra a vario titolo e in varie forme con elementi di show.
Gaggan a Bangkok ne è un altro grande esempio…
[[ima26]][[ima25]][[ima28]]«Una coppia aveva prenotato al ristorante. Qualche giorno fa mi chiama per disdire, chiedendo se fosse possibile recapitarle in cibo a casa, stile delivery». Gaggan racconta e si mette a ridere: perché già sarebbe buffo di per sé che una richiesta del genere venga inviata in qualsiasi tristellato al mondo; è ulteriormente folle, perché Gaggan ristorante non può a fare a meno di Gaggan persona. È lui il mattatore. Incarna un altro modo di fare ristorazione, che s’avvale di teatralità, immagini, luci, suoni, coreografie, provocazioni, colpi di scena, interazione totale al bancone (14 coperti, 7 da un lato, 7 dall’altro. «Ho speso un sacco di soldi per comperare uno speciale impianto stereo svizzero che consentisse di percepire la musica in modo perfetto e uniforme in ogni punto del locale, a prescindere da quanto si sia vicini alle casse». La colonna sonora, che sa essere martellante e fa da intervallo ai vari momenti, una ritmica sonora nella ritmica delle portate, cambia continuamente e va dai Daft Punk a Malia J, dai Limp Bizkit ai Backstreet Boys, dai Foo Fighters agli Aerosmith, a Sting. Con Gaggan dj, ovvio). Scandisce una rappresentazione che dura poco meno di tre ore, divisa in due atti con una pausa durante la quale approfittarne per andare in bagno, all’occorrenza, proprio come se si fosse alla Scala di Milano.
[[ima27]]Elemento imprescindibile dell’experience al Gaggan è dunque Gaggan Anand stesso. Istrionico. Debordante. Inarrestabile. Occorre essere disponibili a lasciarsi coinvolgere appieno in una sorta di rito, un plot narrativo ben studiato, che scorre via fluido, sorridente e spensierato, ma che pure può risultare indigesto ad alcuni (ci si ritrova a cantare tutti insieme, a ballare, a giocare, a mangiare cibi sconosciuti introdotti in modo provocatorio, persino disgustoso come abbiamo visto, il tutto bypassato dallo scherzo e dall’ironia… Al nostro bancone, tra 12 persone in festa, una coppia sembrava davvero impreparata alla cosa, appariva perplessa, fuori posto, vicina all’imbarazzo e alla fuga).
Noi invece ci siamo divertiti tantissimo e abbiamo mangiato divinamente.
Cosa?
I cervelli di topo appunto. Il piatto ha le sembianze del cervello di un piccolo animale; è bianchiccio con venature rosse a richiamare evidentemente il sangue. In bocca risulta cremoso, piuttosto dolce, delicato. Godibile, eh.
[[ima2]]I cervelli di topo, ovviamente, non sono cervelli di topo (come nemmeno il ratto grigliato presentato più avanti è davvero tale). Gaggan non ha mai rivelato di cosa si tratti davvero. Qualcuno ha ipotizzato: è uno snack a base di crema di asparago bianco e formaggio. Improbabile, almeno nel nostro caso: il sapore conduce altrove. Abbiamo anche chiesto a Chat GPT: non aiuta. Risponde così alla domanda: “Da cosa è composto il piatto Rat has brains di Gaggan?”:
Il piatto “Rat has brains” di Gaggan Anand è una creazione gastronomica provocatoria e concettuale che fa parte del menu del ristorante Gaggan di Bangkok, Thailandia. Gaggan Anand è noto per la sua cucina innovativa e sperimentale, spesso descritta come “progressive Indian cuisine”. Nonostante il nome inquietante, il piatto “Rat Brain” non contiene cervello di ratto vero. Si tratta di una preparazione che gioca con la percezione e l’immaginazione dei commensali. Il piatto è stato creato utilizzando ingredienti comuni presentati in un modo che ricorda l’aspetto di un cervello, spesso utilizzando tecniche di cucina molecolare per creare consistenze e forme insolite.
Eccetera.
Noi abbiamo percepito nuances che ricordano un foie gras molto leggero, più probabilmente cipolla caramellata e poi note vagamente torbate. Pensiamo: nel racconto di Gaggan, con il quale abbiamo iniziato questa narrazione, ci sono tanti indizi utili e per nulla casuali, quando elenca l’alimentazione dei topi all’ingrasso, dopo la Spa.
Tant’è. Prima e dopo i topi, la cena da Gaggan si è valsa di una messa in scena coinvolgente, durante la quale il primattore intreccia racconti provocatori, aneddoti, osservazioni sull’attualità – che sia l’immigrazione, il patrimonio culturale, il nostro sistema alimentare o lo stato del pianeta. Sciorinando, in questo lungo e appassionante monologo senza filtri, assaggi di pura alta cucina, 22 in tutto (11+11, nei due atti. I primi introdotti come «facili da mangiare, difficili da cucinare», i secondi con gli elementi invertiti. Che poi, non è neanche vero), con echi certo thai, poi soprattutto indiani e giapponesi, qualcosa anche di mediorientale, persino francese e spagnolo, ma sempre su un canovaccio saldamente asiatico. Spettacolo, davvero. Cui contribuisce la cantina: il sommelier serbo Vladimir Kojic squaderna un pairing fisso che è un’eccezionale selezione di vini naturali europei, compreso un calice di Pecoranera (Freisa, Dolcetto, Barbera e Merlot) di Tenuta Grillo, nel Monferrato, Piemonte.
ATTO 1
[[ima3]]Yogurt & chutney – Piatto storico di Gaggan, ora sintetizzato in primo assaggio. Su foglia croccante di chutney di menta ecco una spagnoleggiante sferificazione di yogurt e chaat masala, ossia un mix in polvere di spezie utilizzato nelle cucine del subcontinente indiano: polvere essiccata di mango (amchur), coriandolo, cumino, zenzero macinato, assafetida, peperoncino, pepe nero, noce moscata, chiodi di garofano, semi di melograno.
[[ima4]]Shrimp shiso papadums – Il papadum è una sorta di focaccia o cialda croccante, usata come snack o contorno nella cucina indiana. Qui con foglia di shiso e gamberetto dolce giapponese.
[[ima5]]Mushroom fireworks shells – Eccezionale simil-macaron di funghi liofilizzati, senza farina né uova. Il ripieno è di cremoso di anacardi e tartufo nero.
[[ima6]]South indian murku paper – Andiamo nel Sud dell’India, dove il murku (o muṟukku) è un impasto, modellato a spirale, di riso e farina Vigna mungo “black gram”, poi fritto. Qui diventa una sottile “carta” aromatizzata (tamarindo, olio di cocco), che sostiene foglie al curry. Complessità impressionante su fondo dolce, salato, speziato, piccante, quasi effervescente.
Rat has brains – Cervelli di topo, ne abbiamo già parlato ampiamente. Golosi, pieni.
[[ima7]]Green asparagus sunflower – Asparago verde utilizzato nella sua totalità, uno per ogni piatto. Con wasabi.
[[ima8]]Beetroot gorgonzola below – Sotto alla tartelletta di asparagi, nascosta dalla terra commestibile, ecco la barbabietola cotta a lungo e ricostruita, ripiena di gorgonzola.
[[ima9]]Chole bhatura – “Farfalle dalle strade dell’India”. La bhatura è un tipo di pane indiano fritto per immersione, la chole bhatura è una bhatura di ceci, quindi essenzialmente una combinazione di curry di ceci e focacce fritte, tipica del Punjab. Qui con mousse di ceci, cipolla, chutney di mandorle, aceto balsamico.
[[ima10]]Coffee foie waffle – Waffle al caffè con toffee al gusto di caffè e foie gras marinato nel liquore Disaronno. Una pausa dolce che s’incastra alla perfezione.
[[ima11]]Ghewar sea salt salad – Ancora sulla dolcezza: tartelletta al latte fritto con gelato al sale marino e vaniglia fresca, sormontata da germogli e foglie.
[[ima12]]Uni kiwi toast – Piatto che esalta l’uni (ossia il riccio di mare giapponese) e che introduce l’acidità, «non c’è nella cucina tailandese». Ci sono strati di rusk (le nostre fette biscottate, in sostanza) con kiwi verde e marmellata di kiwi giallo, appunto per l’acidità.
ATTO 2
[[ima13]]Tomato rasam latte – Presentato come succo di ratto e sangue di ratto, ma in realtà è un rasam di pomodoro freddo, fermentato e preparato con yuzu, pepe nero e latte d’avena. Il rasam è un piatto piccante simile a una zuppa, dell’India meridionale.
[[ima14]]Bamboo turmeric satay – Viene presentato come ratto grigliato! Tutto un mistero. In realtà è bambù grigliato servito con chutney di mango e yuzu e olio di curcuma, che spara riflessi fosforescenti illuminato dalla luce stroboscopica.
[[ima15]]Methi matar momo – Raviolo momo (il momo è un tipo di raviolo originario del Nepal e del Tibet, e diffuso nelle confinanti regioni del Bhutan e negli stati himalayani dell’India) con pelle di aglio nero e ripieno di piselli verdi cucinati in crema con foglie di finocchio e panna acida.
[[ima16]]Colors of eggplant – Melanzana utilizzata al 100%, con tamarindo, cocco, jaggery (tradizionale zucchero non raffinato ricavato dal succo concentrato dei fiori della arenga pinnata, ossia la palma da zucchero), sesamo e salsa con purea della pelle di melanzana bruciata. Brutto ma buono.
[[ima17]]Chicken charcoal wada – Frittella con pastella di cenere vegetale fermentata, con ali di pollo e ripieno di lenticchie e riso con curry in polvere. Servito con salsa di tamarindo.
[[ima18]]Crab cauliflower mustard – Granchio blu al vapore dalla Thailandia servito con senape, cavolfiore e foglie di senape bruciate. Discreto, ma nulla di più.
[[ima21]]Fish paturi – Piatti letteralmente a fuoco! Il team di Gaggan con un cannello accende la fiamma a involtini di foglie di banano che racchiudono un filetto di cernia marinato nella curcuma gialla e bianca. Servito con coriandolo e aneto. Molto buono.
[[ima20]]Vinha d’alhos taco – Delizioso taco di vindaloo di guancia di maiale in salamoia con chili e chutney. Il vindaloo è tipo di curry. Godurioso.
[[ima19]]Wild shrimps rice – Riso basmati a chicco lungo invecchiato per 3 anni, cucinato con gamberetti selvatici, curry e acetosa. Anche questo buonissimo.
[[ima22]]Pink guava leaf – Riproduce una foglia di guava rosa.
[[ima23]]Kintoki carrot halwa – Versione aggiornata del famoso “Lick it up” di Gaggan. In questo caso, è una pasta di tahina (a base di sesamo, tipicamente mediorientale) alla carota.
[[ima29]][[ima30]]Per finire, la più recente novità del mondo Gaggan è Gaggan at Louis Vuitton, l’indirizzo all’interno dell’enorme LV The Place Bangkok al Gaysorn Amarin, che è insieme mostra immersiva, caffè, negozio e appunto ristorante. Qui lo chef si diverte a declinare il proprio stile con un accento francesizzante.