Char, carne alla brace dove non te lo aspetti

Vi sono tante cose che diamo per scontate, alle quali pensiamo per reazione istintiva senza badare molto alla sostanza. Se sei in montagna è spontaneo cercare canederli, zuppe, pizzoccheri, cacciagione, pesci d’acqua dolce, formaggi stagionati e magari quel cervo arriva da qualche paese dell’Est europeo o chissà da dove il latte che poi, miracolo, prende la forma di un cacio alpino.

Idem con il pesce. Può arrivare da ogni angolo del globo e, facilmente, pure da allevamenti che fanno rima con avvelenamenti. D’estate poi bisognerebbe informarsi bene sui fermi biologici. Però ti sei accomodato

[[ima2]]su una terrazza vista mare, il tramonto fa sognare, allenti la presa e non ti viene più il dubbio che il pescatore che rifornisce espressamente quella insegna sia una frottola. E allora via con la pasta allo scoglio, il fritto misto e le orate al sale. E, in genere, tutto a un prezzo contenuto, allettante ma disonesto.

Se ti trovi a Tenerife cerchi il pesce del suo mare, il vino dell’isola, frutta e verdura del posto, anche i sigari che fanno il verso agli Avana, tanta tradizione perché la immagini ben diversa dagli usi di casa nostra. Poi però, dopo due o tre giorni, vuoi sparigliare e ti chiedi, senza nutrire tante

[[ima3]]speranze, se per caso non esista un indirizzo a tutta griglia di carne. Eccome se c’è, Char fuego y brasas in località La Caleta nel comune di Adeje, telefono +34.822.621067.

Char fa parte di Venture group Tenerife, sedici insegne aperte in un quarto di secolo. Un po’ di tutto, dalla nostra cucina italiana a quella spagnola, dalla thai alla giapponese e via interpretando e cucinando. Char, aperto nel 2015, si differenzia perché segue una linea assolutamente distintiva, in particolare dal 2020 grazie allo chef Babacar Fall, 32 anni, senegalese di Dakar, cresciuto in scia al gran cerimoniere

[[ima4]]Samuel Hernandez, salito di importanza all’interno del gruppo.

Aperto sette sere su sette, in particolare la cucina dalle cinque pomeridiane alle 22, con chi è a contratto lì impegnato quattro volte a settimana, godendo quindi di tre giorni di riposo, Char ha una carta aperta al mondo della carne, più alcuni antipasti caldi nel segno del pesce come i Carabinero alla brace rifiniti con burro bianco, vino dolce e caviale, serviti dopo una cecina, quasi una bresaola, di wagyu maturata 18 mesi e una toast di acciughe del Cantabrico con pomodori concassé ed emulsione affumicata.

[[ima5]]Poi carne, fortissimamente carne che arriva da allevamenti e macellerie ben diversi tra loro, in particolare da un bottega di San Sebastian come nel caso della Tartar Luismi, una frisona galiziana, servita con salsa mojo rojo, generosa e piccante. Un ulteriore passo in avanti, in attesa del piatto forte, con una entrecôte di wagyu in tre distinte cotture, una materia prima ben diversa dal wagyu a cui si pensa normalmente, con una importante marezzatura, per me eccesiva perché lascia il palato impastato di grasso, cosa che annulla il piacere della morbidezza setosa

[[ima6]]della porzione. Invece il wagyu del Char ha la pulizia della carne, di una polpa matura, pulita.

E solo allora ecco arrivare in tavola il Chuleton Luismi, servito con insalata, tortilla di patate e pomodoro scottati. Cottura oltre l’al sangue ma inferiore alla media cottura, un’opzione rischiosa, o la segui con attenzione, senza distarti troppo, o facilmente la si cuoce eccessivamente.

Notarella finale: lì tanta varietà bovina, ma anche maiale, pollo, agnello, seppie, merluzzo fino al pescato del giorno che capisco da cosa sia mosso, ma che trovo superfluo.

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