Ricette delle tavole aristocratiche, cucina aperta 22 ore al giorno: siamo stati al Passalacqua di Viviana Varese

Una sfida affascinatissima in un posto unico: l’hotel più bello del mondo dove, quando entri nell’alloggio che ti ospiterà per la notte, vieni accolto dal cameriere che ti ha portato qualche stuzzico, dalla fiorista che ha riempito di colori e profumi l’ambiente, dalla governante dedita a controllare che tutto risulti impeccabile. Siamo al Passalacqua sul lago di Como, primo posto assoluto per la The World’s 50 Best Hotels. Per allineare il livello della cucina al resto, la proprietà – famiglia De Santis – ha deciso di chiamare uno chef di valore garantito. Anzi, una chef: Viviana Varese. Per lei, un cambio di vita e di prospettiva. Se le chiediamo cosa l’abbia convinta a intraprendere questa avventura, risponde sicura: «Voglio vivere pienamente quello che mi piace fare. Questo è un lavoro che mi regala continui stimoli e adrenalina, altrimenti starei a guardare la tv tutto il giorno».

[[ima13]][[ima14]][[ima19]]Di televisione ne ha guardata poca, negli ultimi mesi. Viviana è toque esperta, abituata da anni ad affrontare millemila problemi organizzativi e logistici. Il Passalacqua però, è una dimensione del tutto nuova. È un lussuoso e leggiadro mastodonte, dove tutto deve essere perfetto: 125 dipendenti per 24 camere (camere? Macché: suites magnifiche) in una villa del XVIII secolo – Villa Lucini Passalacqua, qui un po’ della sua storia – che già ospitò Napoleone Bonaparte e Winston Churchill, dove Vincenzo Bellini compose Norma e La Sonnambula, col parco costellato di alberi secolari su una superficie di circa sei ettari e caratterizzato da dieci terrazzamenti che digradano verso l’acqua. Che cucina proporre in un luogo unico come questo, che rimanda ad atmosfere d’antan, tipo “villeggiature all’italiana” dell’aristocrazia europea a cavallo tra Ottocento e Novecento? La Varese nei suoi 17 anni milanesi, divisi tra Alice e Viva, aveva sviluppato uno stile molto personale, molto mediterraneo; per la nuova avventura invece ha deciso di portarsi dietro alcuni piatti che fan parte ormai del suo bagaglio (la golosissima Pasta e patate, per esempio); ma, per il resto, di cambiare prospettiva, di contestualizzare l’offerta gastronomica all’ambiente di un grand hotel sontuoso e raffinato: ecco quindi l’idea di recuperare le ricette delle tavole aristocratiche, dalla grandeur francese ai monsù siciliani. E di attualizzarle, sempre con un tocco d’autore, mai come replica polverosa, e regalando loro un’anima comunque italiana, quando serve.

[[ima21]]È un’opera ambiziosa di riscoperta e rilettura che nel momento in cui scriviamo è avviata da poco. A regime, la pensiamo come una cornucopia di pithivier e gattò, aragoste intere (al Marsala) e timballi, aspic e pâté en croûte, babà giganti all’armagnac e crêpe suzette, soufflés e cassate: non espressioni didascaliche del tempo che fu, ma in visione rinnovata. Ci sarà da divertirsi parecchio.

[[ima8]][[ima10]]Intanto Viviana sgobba. La complessità dell’opera che si è proposta di portare avanti non le concede tempo per dedicarsi ad altro, «mi sento come durante una lunga immersione subacquea. Il mondo là sopra è cosa a sé, mentre io sono concentrata sul mio lavoro, perché le cose da sistemare sono tantissime». Ha cominciato il 18 marzo scorso, giorno dal quale firma la proposta della cucina, ma in realtà ha iniziato almeno tre mesi prima «a studiare la nuova formula perché riuscisse da subito efficace e a fuoco. Volevo costruire tutto e intraprendere la strada giusta. Questo è un microcosmo con mille aspetti da curare», su e giù tra sala e fornelli, e poi le colazioni, e poi il ristorante a bordo piscina, e i manicaretti per gli ospiti della villa privata vicino al lago, e ancora tante altre cose. «Sto percorrendo in media 25mila passi al giorno», sono tanti. La cucina chiude alle 2 di notte, quando gli ultimi pasticceri avviano le preparazioni per il dì successivo; riapre dopo solo 120 minuti, alle 4 del mattino, per organizzare le colazioni (nel breve stop notturno, sono comunque a disposizione degli ospiti dei piatti freddi).

[[ima15]]Si diceva della colazione: ricchissima, spettacolare, per chi scrive non ha uguali in Italia. Due sale colme di delizie: decine di formaggi eccezionali, una selezione di salumi di altissima qualità (bresaola “vera”, ‘nduja, la pancetta Giovanna, poi prosciutto crudo, coppa, salame), tarte tatin di pomodoro, torte salate, tortille, salmoni, acciughe, tonno, bottarga, uova da preparare al momento per qualsiasi variante possibile, french toast. E poi la parte dolce: croissant, brioche, torte bellissime cotte in stampi antichi che son stati ricercati appositamente. Frutta. Apoteosi della gola, «è un po’ Il pranzo di Babette. Voglio aggiungere a breve anche gateaux e aspic di verdure. Tutti impazziscono».

[[ima16]][[ima17]]È la trasposizione, fin dal mattino, di quello che la Varese ha in mente di proporre – e sta già proponendo – per ogni momento goloso al Passalacqua. Si diceva: i piatti dell’aristocrazia, la cucina dei monsù, quella delle grandi maison transalpine. «Cose un po’ lunghe da preparare, laboriose, magari antiche ma che hanno un fascino e che poi nessuno prepara ormai più, né a casa né al ristorante». Un filone centrale che guarda alla Francia ma non solo: dalla Sicilia alla Spagna, da Napoli a Londra. L’obiettivo è fare del ristorante un richiamo di per sé, che prescinda dalla fama ormai acquisita dal Passalacqua come hotel d’extralusso. «Ci stiamo organizzando. La macchina è enorme, dobbiamo fare in modo che ogni aspetto sia curato ma che nel contempo la mole di lavoro non ci faccia perdere la necessaria creatività». Lo staff di cucina è formato da una ventina di persone, tra i quali alcuni fedelissimi della chef.

Devono curare, oltre al ristorante principale, tanti altri aspetti. Della colazione s’è detto. Poi ci sono le amenities che accolgono nelle suite, il servizio del pranzo con 16 piatti diversi rispetto a quelli della sera, il carrello dei dolci per la merenda, le degustazioni in cantina, tante masterclass offerte agli ospiti (cocktail, pizza, pasta, gelato, vino…), la gestione delle barche coi tre menu da picnic dedicati, le coccole golose della notte. Gli eventi, i matrimoni… E l’altro ristorante tra la piscina e il giardino, con i crudi di pesce, il vitello tonnato, i fritti, il cordon bleu, la pizza… Qui, appena la stagione lo consentirà, la Varese ha intenzione di riproporre quel format Fuoco – quindi preparazioni raw sulla grigia o nel forno a legna – che già è stato un grande successo al Villadorata in Sicilia, ne abbiamo scritto.

[[ima18]]«Per fare tutto questo, ho una compagna di viaggio straordinaria», dice la Varese. È Valentina De Santis, che insieme ai genitori Paolo e Antonella (famiglia d’imprenditori alberghieri, anche proprietari tra l’altro dell’iconico Grand Hotel Tremezzo) ha riportato in vita questa dimora. «Lei è una ragazza incredibile, la perfezione fatta persona. Le piace il bello, è inarrestabile, vuol fare sempre di più, ama i dettagli, non si limita, ha un innato senso dell’accoglienza. Ci siam dette: dobbiamo andare nei maggiori ristoranti dei grandi hotel nel mondo, per trovare qualche ulteriore ispirazione. Lo faremo. Io ho quasi 50 anni ma ho deciso di mettermi in gioco, ho tanta voglia di crescere ancora, esattamente come lei. Inviteremo qui al Passalacqua le toque più prestigiose delle maison più importanti. Vogliamo creare un modello nuovo», che sappia recuperare il passato ma senza una visione museale, anzi in versione contemporanea.

Una grande sfida, per Viviana, come si diceva. È chiamata a sviluppare tecnicamente uno stile diverso da quello che le abbiamo riconosciuto finora, e quindi approcciare una cucina classica dandole il suo tocco, con le tecniche dell’oggi. «Mi prendo i miei tempi, è un progetto di lungo periodo, l’azienda deve crescere e strutturarsi, sono imprenditrice anche io e capisco la necessità di procedere passo dopo passo». Il suo entusiasmo è il vero segreto, «perché mi innamoro delle cose».

Ma Milano? Cosa le ha lasciato? «Sono fiera della mia esperienza meneghina. Quando ho preso la stella Michelin, nel 2012, eravamo solo in 10 (oltre ad Alice, anche Trussardi alla Scala, Joia, Sadler, Tano Passami l’Olio, Al Pont de Ferr, Unico, Innocenti Evasioni, Il Luogo di Aimo e Nadia). Milano è la mia città, lì ho la casa, la compagna, due locali. Quando sarò vecchissima vorrò morire a Maiorca, ma mi rimane il bagaglio ambrosiano che mi sono fatta, l’esperienza, il lavoro. Sono una stakanovista, non ho alcun l’attaccamento al denaro, investo tutto quello che ho in attività ulteriori».

[[ima20]]In effetti Viviana Varese, oltre al Passalacqua, vuol dire oggi il W Villadorata Country Restaurant a Noto (Siracusa), il bistrot – sempre a Noto – chiamato Viva il Bistrot, e poi Polpo a Milano (ne abbiamo scritto qui) e il nuovo format meneghino, Faak, sottotitolo “Cibo e vino a ribellione naturale”: una realtà dalle molteplici anime in Via Arnaldo da Brescia 5 (pasticceria, panificazione e pizza, brace e una grande attenzione per il vino. Dalla colazione alla cena, unisce un locale per una pausa gustosa e un laboratorio con vendita diretta di prodotti). Senza dimenticare le tante consulenze, da Miami all’India. «Non penso di andare oltre, sennò diventa troppo».

Intanto ci godiamo Passalacqua. Nei nostri assaggi, Patata in scrigno di pasta sfoglia, con crema di patata al lime, tuorlo d uovo, panna acida, erba cipollina e caviale Oscietra è perfetto, pienamente in linea con l’idea di cucina che si vuole portare avanti. Così come il Pithivier d’agnello ripieno di foie gras, verza e mela cotogna sciroppata, spettacolare oltre che buonissimo. Poi, certo, aristocrazia o no, Pasta mista, patate, pecorino, parmigiano reggiano, pistacchio e menta è un piattio che non smetteremmo mai di mangiare.

Tutti i nostri bocconi, nelle foto di Tanio Liotta.

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