Il vino italiano è sempre tra i più amati all’estero
Con oltre 97.000 presenze da tutto il mondo, Vinitaly si conferma anche nel 2024 la fiera dedicata al settore vitivinicolo di riferimento per il pubblico e gli addetti ai lavori su scala internazionale. Tante le novità e i progetti presentati durante l’evento, molti di essi connessi ai temi cardine dello sviluppo della filiera, vera e propria eccellenza del made in Italy. Si è parlato di sostenibilità, ecologia, innovazione e cultura, ma anche di export, uno dei pilastri economici del settore. Ma come stanno andando le esportazioni dei vini Dop italiani dopo la pandemia? Quali sono le categorie più amate e quelle in ascesa? A fotografare la situazione è Wine Monitor, l’Osservatorio realizzato dalla società di ricerche e consulenza Nomisma con l’obiettivo di aiutare imprese e istituzioni della filiera vitivinicola a interpretare correttamente le dinamiche del mercato.
Il vino guarda al futuro tra cultura, turismo e sostenibilità
Il vino non è più “solo” vino. Lo sappiamo da tempo, grazie ai dati in crescita costante dell’enoturismo, arrivato nel nostro paese a generare un giro d’affari per le cantine di quasi 3 miliardi di euro, secondo il recente studio di Nomisma Wine Monitor – realizzato per Città del Vino e presentato a Vinitaly – mentre di anno in anno si consolida una strategia sempre più differenziata e inclusiva messa in atto dalle aziende del settore per far fronte alle sfide del presente e del futuro.
Da un lato, stanno cambiando le abitudini di consumo.
Sempre secondo Nomisma Wine Monitor, i consumatori occasionali di vino (quelli che non bevono vino quotidianamente) sono passati dal 43% al 59% nel giro di quindici anni e tale incremento è risultato trasversale per tutte le fasce di età, sia tra i giovani che tra i cosiddetti baby boomers. Accanto a questo comportamento di consumo, si assiste alla diffusione di nuovi trend volti alla ricerca di vini più freschi, versatili e con minor gradazione alcolica fino ad arrivare, soprattutto in alcuni mercati come quello statunitense, alle bevande alcol free.
I cambiamenti delle abitudini e dei consumi non rappresentano la sola sfida per il settore vitivinicolo che, in Italia, è fortemente esposto agli effetti della crisi climatica. Tra le conseguenze che i viticoltori già conoscono bene ci sono le vendemmie anticipate e le migrazioni a quote più alte e settentrionali di vigneti che oggi troviamo dove, fino a pochi anni fa, non era nemmeno immaginabile.
Ecco perché l’innovazione nel settore è un imperativo e passa sia attraverso la tecnologia sia attraverso la cultura. Basti pensare che l’ultima edizione di Vinitaly è stata anticipata dall’evento OperaWine, in cui la degustazione è stata abbinata ad un’altra eccellenza del made in Italy (e veronese): l’opera. Un format, quello della degustazione in affiancamento alla musica, che convince e conquista il pubblico, tant’è che sono moltissime le cantine in tutta Italia che già propongono questo tipo di eventi.
Wine Monitor: presente e futuro del settore tra il retail e l’export
Dopo il boom dell’e-commerce partito nel 2020, il mercato del vino italiano si sta assestando su una nuova normalità, in cui il retail e l’export continuano a giocare il ruolo da protagonisti. Questo è quanto emerge dai dati di Wine Monitor di Nomisma in due ricerche pubblicate nei primi mesi del 2024.
Nel 2023, infatti, l’inflazione ha continuato ad influire sui prezzi del vino, tant’è che è stata registrata una crescita generalizzata dei prezzi di circa il 5% che ha fatto aumentare le vendite sul fronte dei valori, sfiorando i 3,3 miliardi di euro (+2,8% rispetto al 2022) pur a fronte di una riduzione delle quantità acquistate (-2,1%). A trainare il mercato, in particolare, sono gli spumanti, già protagonisti di un vero e proprio boom tra il 2017 e il 2022. La diminuzione maggiore riguarda, sottolinea ancora Wine Monitor, i vini rossi, mentre i bianchi tengono e gli spumanti, per l’appunto, crescono.
Ma se in Italia la situazione è questa, qual è lo stato di salute dell’export, fiore all’occhiello dell’economia vitivinicola italiana? È ancora una volta l’Osservatorio di settore di Nomisma ad aver raccolto ed elaborato i dati, con risultati interessanti. Il 2023 ha visto una lieve riduzione del valore delle esportazioni, che si è assestato a 7,7 miliardi di euro (-0,8% rispetto al 2022). L’Italia si conferma così il secondo esportatore europeo di vini, salendo sul podio occupato anche da Spagna (terzo esportatore) e Francia (primo esportatore), che hanno però perso il 3% nel valore delle proprie esportazioni rispetto all’anno precedente
Il vino italiano più esportato è ancora una volta il Prosecco DOP, con un valore che si avvicina a 1,7 miliardi di euro. È interessante osservare come stiano aumentando i Paesi di destinazione dell’export di questa eccellenza italiana: se prima a farla da padrone erano Stati Uniti, e Regno Unito, oggi la Francia è diventato il terzo mercato di sbocco di tale spumante. Solo Oltralpe, nel 2023, gli acquisti sono aumentati a valore del 31,2%, ma è significativa la richiesta anche da parte di Polonia, Austria e Svezia.
Se dunque il Prosecco DOP conferma e rafforza la propria leadership, altre categorie, invece, arrancano. “Sull’onda del calo che a livello mondiale ha interessato i consumi di vino rosso, anche la maggior parte dei vini fermi Dop italiani della categoria ha sofferto, arrivando a cali superiori al 10% nel caso dei rossi veneti”, ha evidenziato Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma. “In diminuzione, benché con percentuali più ridotte, anche i rossi Dop della Toscana e del Piemonte, mentre hanno chiuso l’export 2023 in positivo i bianchi siciliani, del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia”.
Il mondo del vino italiano vive, dunque, un momento di grande evoluzione e cambiamento. Le sfide sono molteplici e le risposte coinvolgono tanti settori diversi, ma i dati per ora sono incoraggianti. Li conoscevate?
Immagine in evidenza di: Marco de Benedictis/shutterstock
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