Solanacee: ecco cosa dicono gli studi sul loro consumo
Protagonisti dell’orto estivo, melanzane, peperoni, pomodori e patate sono spesso sotto esame in molti regimi alimentari e il loro consumo è oggetto di dibattito. Sono tutti ortaggi appartenenti alla stessa famiglia, quella delle solanacee, e per questo motivo si utilizza genericamente questo nome per indicarli. Si legge che le solanacee andrebbero eliminate dalla dieta o limitate nel consumo, perché considerate poco salutari o addirittura nocive per la salute. Altrove, invece, le loro proprietà nutrizionali sono esaltate per cui si consiglia, invece, di consumarle regolarmente. È giusto quindi chiedersi: le solanacee fanno bene o fanno male? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su questo argomento, indagando cosa dicono gli studi.
Solanacee: quali sono?
Prima di tutto, capiamo cosa rientra in questa categoria. Con il termine “solanacee” si indicano in generale tutti gli ortaggi che appartengono all’omonima famiglia di piante. Quando parliamo di solanacee a tavola, nello specifico, ci riferiamo a pomodori, melanzane, peperoni e patate. Ma occorre precisare che alla stessa famiglia appartengono anche altre piante da cui si ricavano alcune sostanze velenose, come la datura, o medicinali, come la belladonna da cui si ottiene l’atropina, utilizzata anche in ambito oculistico per dilatare la pupilla. Sono solanacee anche le bacche di Goji, il peperoncino e il tabacco.
Perché le solanacee sono sotto esame?
Ma cos’hanno in comune queste piante? Tutte le solanacee producono alcaloidi, sostanze tossiche e in alcuni casi velenose, come arma di difesa contro parassiti e insetti. Queste sostanze sono presenti anche nelle varietà commestibili: la solanina, ad esempio, è un alcaloide presente in quantità variabile in pomodori, melanzane, peperoni, soprattutto quando sono ancora acerbi, e nelle patate, specie se in fase di germogliazione.
Questi ortaggi sono frequentemente considerati causa di problemi digestivi, intolleranze e sono spesso correlati a un maggior rischio di infiammazione, ma tutti questi disturbi sono in realtà riferiti solo da alcune persone e non sempre sono poi effettivamente associati al loro consumo.
In macrobiotica, ad esempio, le solanacee sono considerate da un punto di vista energetico troppo “yin”, cioè capaci di produrre nel nostro corpo una sensazione di raffreddamento e di espansione, una condizione che se non è opportunamente bilanciata può dare origine a squilibrio e indebolimento.
Ma cosa c’è di vero in tutto questo? Vediamo cosa dice la scienza.
Le solanacee fanno male? Cosa dicono gli studi
Per quanto riguarda le proprietà antinfiammatorie e antiossidanti i risultati degli studi sperimentali sono contrastanti. Uno studio, ad esempio, ha rivelato che l’assunzione di pomodoro o di succo di pomodoro riduce i fattori legati allo stress ossidativo e ai processi infiammatori, altri studi non hanno evidenziato cambiamenti significativi sullo stato di infiammazione riconducibili a una dieta ricca di pomodori. Quindi, ad oggi, l’ipotesi secondo cui gli ortaggi della famiglia delle solanacee favorirebbero l’infiammazione non è confermata da studi formali.
Inoltre, sebbene la solanina sia una sostanza tossica, il rischio di avvelenamento o di intossicazione è piuttosto raro e, come confermato da diversi studi, associato solo a livelli di assunzione estremamente elevati.
Vale la pena però sottolineare che le solanacee raggiungono la piena maturazione solo in estate e che in questa fase i livelli di solanina sono minimi. Ecco perché, seppur presenti sul mercato tutto l’anno, andrebbero consumati solo nel periodo estivo, quando sono di stagione.
Tutti quei casi in cui il consumo di ortaggi appartenenti alla famiglia delle solanacee è associato a problemi digestivi o ad altri fastidi, come arrossamenti o eruzioni cutanee, possono essere correlati a forme di intolleranza individuale. Tali condizioni, del tutto soggettive, possono essere confermate solo attraverso una dieta di esclusione, purché questo avvenga sotto il controllo di uno specialista, un medico o un nutrizionista. La scelta di eliminare a priori alcuni alimenti dalla propria alimentazione, infatti, può rivelarsi inefficace o inutile rispetto alla risoluzione di un disturbo.
Perché rinunciare, quindi, a melanzane, peperoni, patate e pomodori, se non è necessario? Vediamo insieme quali sono, invece, le proprietà di questi ortaggi estivi.
Solanacee: tutte le proprietà
Le solanacee non contengono soltanto solanina, ma come molti altri ortaggi sono in realtà ricchi di nutrienti importanti per il nostro benessere, primi tra tutti vitamine, sali minerali e fibre. Per questo non andrebbero escluse a priori dalla dieta, a maggior ragione se non ci sono reali motivi per farlo. Occorre però sottolineare ancora una volta che, come tutte le verdure, andrebbero consumate solo nel periodo in cui sono di stagione, in questo caso in estate, avendo cura di scegliere prodotti locali, ben maturi e conservarli correttamente. Questo contribuisce non solo a preservare i principi nutritivi, ma anche a ridurre la quantità di solanina eventualmente presente.
Parlando di proprietà e caratteristiche nutrizionali, particolarmente abbondante nei peperoni e nei pomodori maturi, è la vitamina C, che insieme al licopene, conferisce a questi ortaggi spiccate proprietà antiossidanti, in grado di contrastare la produzione di radicali liberi e l’invecchiamento cellulare. I pomodori, così come i peperoni, di colore verde hanno un contenuto più alto di solanina rispetto a quelli rossi.
Le melanzane devono il loro colore viola alle antocianine, sostanze che svolgono una funzione protettiva e di sostegno nei confronti dell’apparato cardiocircolatorio. Il loro contenuto di fibre è utile per favorire la regolarità intestinale.
Le patate, in quanto tuberi, sono tra le solanacee quelle più ricche di amidi, ma hanno anche il più alto contenuto di potassio (che rappresenta circa il 60% di tutti i sali minerali presenti) e modeste quantità di calcio, ferro, sodio e fosforo. La corretta conservazione delle patate influisce sul loro contenuto di solanina, particolarmente concentrata nella buccia. È importante che le patate non presentino parti verdi e che siano conservate al buio per impedirne la germogliazione, fattore che aumenta notevolmente la percentuale di questa sostanza. In ogni caso, l’EFSA nel 2020 chiarisce ancora che non ci sono evidenze sui rischi associati all’assunzione, ripetuta e a lungo termine, di solanina attraverso le patate. Bisogna però ricordare che, nell’ambito di un’alimentazione sana ed equilibrata, le patate non sono da considerarsi un contorno, come invece possono esserlo melanzane, peperoni e pomodori. Per il loro contenuto di amido, infatti, sono una valida alternativa a pane, pasta e cereali, da alternare con la frequenza di 1-2 volte a settimana nella quantità di circa 200 g a persona.
In conclusione possiamo dire che, fatta eccezione per le forme di intolleranza soggettiva, non ci sono motivi per escludere dalla nostra alimentazione le solanacee. Sarebbe opportuno, invece, che a guidarci nella scelta di ciò che mettiamo a tavola siano sempre la varietà e il rispetto della stagionalità degli alimenti, magari utilizzando anche le giuste modalità di cottura per sfruttarne al meglio le proprietà nutrizionali.
E voi colorate la vostra tavola in estate con le solanacee?
Immagine in evidenza di: Natasha Breen/shutterstock.com
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