Sprechi alimentari: gli italiani sono sensibili al tema, ma come si comportano?
Ci sono moltissime ragioni per le quali lo spreco di cibo è considerato un comportamento dannoso. Se le nonne imponevano di finire tutto ciò che c’era nel piatto pensando alla povertà e alla carenza di cibo, oggi sappiamo che buttare alimenti ha conseguenze gravi anche dal punto di vista ambientale. In occasione della Giornata internazionale della Consapevolezza sugli Sprechi e le Perdite alimentari ricordiamo gli ultimi dati: In Italia, secondo Coldiretti, ogni anno vengono sprecati 67 kg di alimenti per abitante. In totale, dunque, lo spreco supera la cifra record di 4 milioni di tonnellate all’anno.
Secondo quanto raccolto dall’Osservatorio Food Waste di Last Minute Market su campione Ipsos, le fasce di popolazione che gettano più cibo si trovano nel Sud Italia, sono famiglie senza figli, vivono nei Comuni medi e, generalmente, fanno parte dei ceti medio-bassi e popolari. Anche la tipologia di alimenti gettata è rilevante: in prima posizione troviamo la frutta fresca, seguita da insalate, pane fresco, verdure, cipolle, aglio e tuberi.
La questione non riguarda, però, soltanto i singoli cittadini, ma anche le imprese, gli enti, le associazioni. I Governi, dunque, hanno un ampio potere di influenza e guida della lotta contro gli sprechi alimentari, come sottolinea da tempo l’organizzazione delle Nazioni Unite dedicata a cibo e agricoltura, la FAO, che nel 2021 ha elaborato un documento rivolto proprio alle amministrazioni nazionali con alcune linee guida da seguire per favorire una riduzione del food waste.
Lo spreco costa al Pianeta: la FAO promuove un codice di condotta per gli Stati
Secondo le stime della FAO, a livello mondiale, viene perso o sprecato circa il 30% del cibo all’anno, causando ben il 10% delle emissioni di gas serra. La questione ha dimensioni sistemiche e non a caso la stessa organizzazione delle Nazioni Unite ha elaborato un vademecum rivolto ai Governi affinché mettano in campo delle azioni concrete contro gli sprechi.
Il Voluntary code of conduct for food lost and waste reduction, questo il nome completo del documento, è stato adottato dall’assemblea della FAO nell’estate 2021 e mette in connessione la lotta allo spreco con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Tutto ciò che viene realizzato deve tenere conto della sostenibilità economica, sociale e ambientale perché si possano osservare i benefici nel presente, ma anche guardando al futuro.
Le azioni suggerite dalla FAO spaziano dalla ricerca in campo scientifico alla sensibilizzazione attraverso l’aumento del ricorso alla tecnologia e al digitale. I Governi dovrebbero favorire anche la comunicazione e la cooperazione tra gli attori della filiera agroalimentare, agendo così su tutti quegli sprechi che avvengono prima dell’approdo dei prodotti al consumatore finale.
Tutti gli Stati sono incoraggiati, infine, a dotarsi di leggi che definiscano lo spreco alimentare, stabiliscano incentivi per persone e aziende virtuose e ascoltino le esigenze pratiche di chi desidera ridurre gli scarti. L’Italia è stato uno dei primi Paesi in Europa ad approvare una legge in tal senso nel 2016, promossa dall’Onorevole Maria Chiara Gadda che, intervistata dal Giornale del Cibo, ha sottolineato come “la legge fosse anche un’occasione di prevenzione, perché permette di parlare di questi temi, per cui alla fine non sprecare cibo dovrebbe diventare per tutti un’abitudine, come è successo con la raccolta differenziata dei rifiuti”.
Sprechi alimentari: gli italiani come si comportano?
Dal punto di vista normativo l’Italia è stata pioniera, grazie anche a un’opinione pubblica molto sensibile sui temi della sostenibilità ambientale. Una ricerca realizzata da BVA-Doxa e commissionata dalla start up Babaco Market, ha provato a indagare come si comportano nel concreto gli italiani rispetto agli sprechi alimentari e sono emersi alcuni dati interessanti.
Si conferma come la popolazione ritenga importante l’argomento, tant’è che il 97% del campione ha dichiarato che l’obiettivo dell’ONU di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030 è una priorità, ma solo il 40% sostiene che sia realizzabile. Altrettanto chiaro è il fatto che si tratti di un problema, tuttavia solo un intervistato su quattro è consapevole dell’entità e delle conseguenze del food waste.
L’indagine, infatti, evidenzia l’esistenza di un divario tra la conoscenza del fenomeno e la comprensione della reale gravità: un quarto degli italiani, ad esempio, non sa che il cibo buttato ha un impatto sul cambiamento climatico. E di conseguenza, ha una percezione limitata di azioni individuali, come ad esempio privilegiare cibi stagionali e di provenienza locale come descritto dal meteorologo Luca Mercalli, possano fare la differenza.
Gli italiani, dunque, sanno che buttare i prodotti fa male, ma non sempre sanno perché né come evitarlo. La stessa ricerca, promossa dalla start up che vende online frutta e verdura fresca scartata dalla distribuzione tradizionale perché “brutta”, racconta come un quarto degli intervistati abbia ammesso di sprecare cibo per scarsa attenzione e più della metà ha notato un episodio di spreco domestico nell’ultimo mese. Ciò che accade più spesso in casa è:
- dimenticarsi di consumare un alimento prima della scadenza
- conservare male i cibi
- comprare quantità eccessive o formati troppo grandi rispetto alle reali esigenze.
Quali sono le azioni anti-spreco?
La situazione presenta ombre e luci, dunque. La stessa indagine BVA-Doxa ha interrogato il campione sulle azioni anti-spreco che ritiene più frequenti e abituali. Tra queste, il porzionamento e congelamento del cibo, l’organizzazione del frigorifero secondo la scadenza dei cibi, la scelta di prodotti a lunga conservazione oppure in formati più piccoli, il ricorso al menù settimanale, ma anche l’utilizzo delle tante app anti-spreco che permettono di acquistare cibi ancora buoni che andrebbero buttati come, la più diffusa, Too Good To Go che promuove anche il Patto contro lo Spreco Alimentare, a cui negli anni hanno aderito molte aziende, tra le quali anche CIRFOOD.
Se, quindi, gli italiani ritengono che sia fondamentale agire per contrastare gli sprechi e diverse azioni concrete sono già diventate abitudini, è proprio sulla consapevolezza e sull’educazione che si può ancora investire. Sapere il perché rafforza le azioni dei singoli e favorisce una diffusione ancora più capillare delle buone pratiche che stanno nascendo sul territorio e nelle singole case.
Voi quali azioni anti-spreco attuate in casa?
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