Tecnologie in campo per la sostenibilità della ristorazione collettiva: intervista a LifeGate
Come si coniuga la sostenibilità con la ristorazione aziendale? Dopo aver ascoltato le voci del settore attraverso le parole del Presidente di Oricon, Carlo Scarsciotti, e di un’impresa con Marcello Leonardi di CIRFOOD, il nostro approfondimento dedicato alla Nuova Pausa Pranzo continua con un focus sullo spreco alimentare. Nel nostro percorso, realizzato insieme all’Osservatorio CIRFOOD DISTRICT e in collaborazione con Nomisma, è infatti importante anche indagare il crescente interesse verso il tema dell’impatto ambientale e sociale della ristorazione. Per farlo abbiamo intervistato Erika Colciago, Head of Consulting and Business Development di LifeGate, editore, media network e agenzia di consulenza e comunicazione sui temi di sostenibilità attiva da oltre 20 anni.
Spreco alimentare e ristorazione aziendale: una nuova pausa pranzo che rispetti l’ambiente è possibile?
Una ristorazione aziendale sostenibile è attenta agli sprechi, alle filiere e alle sensibilità degli utenti. È, dunque, frutto di un processo complesso che parte dall’ascolto dei nuovi bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici che, come registrato anche dal Rapporto Coop, prediligono alternative green e hanno un occhio di riguardo per la salute.
Prima della pandemia, lo spreco alimentare nel settore della ristorazione collettiva era già una questione molto dibattuta e centrale. Oggi, a due anni dal lockdown, come sono cambiate le cose?
E.C.: “Lo spreco alimentare è un tema molto rilevante nell’ambito della ristorazione collettiva. Infatti, secondo un’indagine del Politecnico di Milano, già prima della pandemia il settore generava circa 86 mila di tonnellate/anno di eccedenze.
C’è un ampio margine di miglioramento per la loro gestione e riduzione da parte delle aziende. Diverso è invece il tema dello scarto. Appaiono infatti più limitate le possibilità di recupero degli avanzi presso i consumatori.
Secondo i dati forniti dall’Osservatorio Waste Watcher International nel 2022 ogni italiano getta circa mezzo chilo di cibo alla settimana, che in un anno ammontano a 27,5 chili a testa. Lo spreco cresce, in termini generali, del 15% rispetto al 2021, con picchi al sud Italia e nelle famiglie senza figli. In questo scenario, comunque, l’Italia registra le migliori performance nel ‘G8’ dello spreco, facendo meglio rispetto a paesi quali Regno Unito, Germania e Canada.”
Le persone valutano e chiedono alle aziende di impegnarsi per contrastare gli sprechi alimentari e di optare per soluzioni nell’ambito dell’economia circolare: come si sono attivate le imprese della ristorazione collettiva in Italia? In particolare, nella ristorazione aziendale?
E.C.: “La sensibilità dei consumatori verso le conseguenze dello spreco alimentare è forte e contribuisce a far sì che le aziende si impegnino per ridurre le eccedenze alimentari e sviluppare soluzioni di economia circolare. La gran parte delle aziende della ristorazione collettiva consente di portare a casa alcuni degli alimenti (come pane e frutta) non consumati nelle mense e ha già stretto collaborazioni con enti e associazioni benefiche a cui devolvere le eccedenze alimentari.
In futuro un ruolo cruciale verrà svolto dalle tecnologie digitali. Big data, intelligenza artificiale, sensoristica e tecnologia per le riprese ottiche saranno alcuni esempi abilitanti del processo di miglioramento della gestione delle eccedenze e degli sprechi. Tecnologie innovative consentiranno di individuare i punti critici nella generazione degli sprechi e delle eccedenze, ad esempio fotografando le rimanenze di cibo sui vassoi. In questo modo sarà possibile, da un lato, adottare gli opportuni accorgimenti all’interno delle cucine e, dall’altro, definire dei menù in linea con le preferenze dell’utenza. Così sarà possibile anche ottimizzare la gestione degli approvvigionamenti, anche grazie a una supply chain sostenibile che consentirà di prevedere i fabbisogni in anticipo e con elevata accuratezza. Per ridurre le eccedenze, inoltre, le aziende del settore, al pari della ristorazione commerciale, si stanno impegnando nel rendere disponibili i pasti giornalieri in più tramite applicazioni salva-spreco.
La ristorazione collettiva svolge infine un ruolo importante nel sensibilizzare gli stakeholder al contrasto agli sprechi. Le aziende stanno infatti sviluppando attività formative e informative per i collaboratori, i clienti e la collettività nel suo complesso.”
Lifegate tra le sue attività supporta le aziende nel loro percorso di sviluppo sostenibile: quali sono le esperienze più virtuose e positive in quest’ambito?
E.C.: “LifeGate si pone come partner per imprese, associazioni, enti e istituzioni, proponendo un percorso di analisi, strategia e piano d’azione, branding e comunicazione focalizzato sui temi della sostenibilità. Come team di consulenza, affianchiamo le aziende nella mappatura delle proprie azioni green, nel loro inserimento in un framework di valutazione, miglioramento e monitoraggio per un’efficace comunicazione a tutti gli stakeholder.
Da anni collaboriamo con CIRFOOD, supportandola nelle attività di rendicontazione e valorizzazione del proprio percorso di sostenibilità. Contribuiamo alla redazione del Bilancio di Sostenibilità, mettendo al servizio tutta la nostra expertise di comunicazione per dare rilievo all’esperienza decennale dell’azienda nella riduzione degli sprechi e nell’ottimizzazione delle risorse. Raccontiamo il costante miglioramento delle performance dell’azienda, i traguardi raggiunti e gli obiettivi per un futuro con sempre meno impatto sull’ambiente.”
Quali sono le best practice per la ristorazione aziendale o collettiva verso la sostenibilità? Potete aiutarci a individuare i principali trend in corso e gli sviluppi per il futuro?
E.C.: “Il mondo della ristorazione si sta impegnando nel garantire un sempre maggior livello di qualità e sostenibilità dei cibi offerti. Le aziende pongono più attenzione nella creazione di menù sostenibili e di elevata qualità, scegliendo prodotti stagionali, a filiera corta e biologici. In quest’ottica ci sarà un sempre maggiore controllo per garantire la tracciabilità dei cibi e la gestione dell’approvvigionamento sarà centralizzato e digitalizzato. Tecnologie innovative consentiranno di mantenere qualità e elevati standard di sicurezza, allungandone la shelf life. Sta progressivamente crescendo l’attenzione verso criteri di sostenibilità nella selezione e valutazione dei fornitori, talvolta tramite la richiesta di specifiche certificazioni socio-ambientali.
Parallelamente, molte aziende della ristorazione collettiva si stanno concentrando anche sulla gestione dei propri impatti ambientali, attivandosi per calcolare, ridurre e compensare le emissioni derivanti dalle proprie attività, con l’obiettivo di tendere verso la neutralità climatica. Si assisterà inoltre a una crescita delle collaborazioni con aziende esperte nella gestione ambientale, grazie alle quali sarà possibile sfruttare scarti ed eccedenze in ottica circolare. Alcune aziende del settore utility hanno infatti iniziato a collaborare insieme ad aziende della ristorazione collettiva per produrre biometano e compost dai rifiuti organici e biodiesel dagli oli vegetali esausti.
Ridurre gli impatti ambientali per le imprese della ristorazione significa inoltre evitare l’utilizzo di prodotti in plastica, adottando soluzioni innovative per il consumo dei pasti.
Infine, sta assumendo sempre maggiore rilevanza il ruolo strategico della ristorazione collettiva nel favorire la corretta nutrizione e il benessere, soprattutto nel post-pandemia e con particolare riferimento alle nuove generazioni. Per questo motivo le aziende del settore propongono progetti di educazione alimentare, consapevoli di poter trasmettere le proprie conoscenze in modo efficace. Tra le iniziative realizzate: formazione nelle scuole, divulgazione di contenuti scientifici, realizzazione di ricerche e organizzazione di eventi incentrati sulla nutrizione e i corretti stili di vita.”
La “nuova normalità” della pausa pranzo per la ristorazione collettiva e aziendale è, dunque, green, sostenibile, attenta alla salute e soprattutto tecnologica. Il mix di questi fattori è l’ingrediente segreto per un servizio che risponda ai bisogni delle persone e favorisca una pausa pranzo di valore.
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