Vertical farming, oltre l’insalata c’è di più: nuove coltivazioni e prospettive

Vertical farming

Il vertical farming è una modalità di coltivazione sempre più consolidata, pur essendo relativamente recente. Tuttavia, finora la sua applicazione sembrava limitata solo ad alcune piccole piante alimentari, come gli ortaggi e le erbe aromatiche, dalle caratteristiche particolarmente idonee a questo tipo di impianti. I progressi tecnologici, però, stanno superando questi confini, rendendo possibile un’espansione verso filiere agricole molto diverse, prima escluse dalla coltivazione in verticale. Ma di cosa si tratta e quali piante si potranno produrre con questo sistema? In questo approfondimento conosceremo le ultime novità delle ricerche e le sperimentazioni in corso.

Vertical farming: dalle colture principali alle nuove sperimentazioni

Vertical farming
Zapp2Photo/shutterstock

La coltivazione in verticale è sempre stata associata alle piante che richiedono poco spazio per crescere e per le quali risulta molto utile il controllo preciso dei parametri ambientali. Questo metodo, quindi, si adatta particolarmente ad alcune categorie di vegetali che traggono massimo beneficio dalle condizioni controllate di luce, temperatura, umidità e nutrienti. Si tratta peraltro delle specificità che consentono di ottenere raccolti di alta qualità in poco tempo se paragonate all’agricoltura tradizionale. Ecco quali sono i gruppi di piante perfetti per il vertical farming:

  • verdure a foglia verde, come le lattughe di vario tipo, che crescono velocemente e richiedono spazi ridotti;
  • spinaci e cavolo riccio, che risentono molto delle condizioni ambientali e traggono beneficio dal controllo di temperatura e umidità.
  • erbe aromatiche, quali basilico, prezzemolo, menta, timo e coriandolo, che con i loro cicli produttivi brevi soddisfano la domanda del mercato fresco e sono perfette per l’idroponica;
  • microgreen, e quindi germogli di ravanello, crescione, girasole e altre essenze, che si distinguono per l’alta densità nutrizionale – che spesso li fa rientrare tra i superfood – e il breve ciclo di crescita.​

Oltre a queste piante, altre possono adattarsi senza particolari difficoltà:

  • piccoli frutti, come le fragole, che non soffrono gli ambiente interni e possono dare rese elevate in spazi ridotti;
  • piante che richiedono molta acqua, tra queste i cetrioli e i pomodori ciliegini, che un uso efficiente delle risorse idriche rende più sostenibili;
  • piante esotiche, rare e delicate, come i fiori edibili, la cui coltivazione è favorita dall’ambiente controllato.

In sostanza, alcune piante sono più adatte di altre per la loro crescita rapida, che massimizza l’efficienza dei sistemi verticali, e il basso ingombro, che facilita l’installazione di più strati, ottimizzando lo spazio. Non meno rilevante è la domanda di qualità e freschezza da parte del mercato e dei consumatori, che può giustificare anche prezzi più alti a fronte di prodotti di qualità superiore coltivati localmente.

Nuove piante in verticale: applicazioni e ricerche

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Nicole Piepgras/shutterstock

Se le coltivazioni indoor in verticale si associavano solo agli ortaggi e alle piccole piante, ora i presupposti stanno cambiando, aprendo nuove possibilità prima difficili da immaginare. Recentemente, il vertical farming ha visto l’introduzione delle coltivazioni di ortaggi antichi, per riportare in produzione varietà dimenticate – promuovendo quindi la biodiversità agricola – come la sperimentazioni su nuove sementi ottimizzate per l’ambiente controllato, partendo da piante tipiche del vertical farming come lattughe ed erbe aromatiche.

La gamma di vegetali coltivabili con questa modalità continua ad allargarsi e la sperimentazione ha coinvolto perfino i cereali, come il mais e il riso, che tipicamente richiedono spazi ampi e tecnologie specifiche. Inoltre, sono in corso progetti pilota su grano e soia, seppure lontani da un’applicazione su larga scala. In questo senso, la ricerca spaziale potrebbe contribuire in modo significativo, e il progetto SPACE² (Space, Policy, Agriculture, Climate, and Extreme Environment), sviluppato dall’Università del Nebraska-Lincoln, ha costituito un consorzio per coltivare in vertical farming il “primo acro di mais sul suolo di Marte”. Inoltre, come ha dimostrato una ricerca dell’Università di Wageningen, in Olanda, anche una pianta non alimentare ma centrale per l’industria come il cotone è stata testata per la coltivazione in serra con particolari impianti, allo scopo di accorciare e controllare meglio una filiera lunga e che normalmente impiega trattamenti agrochimici in quantità.

Vertical farming, tra evoluzione e limiti

La coltivazione in verticale potrà evolversi e ampliarsi ancora, migliorando questi aspetti fondamentali:

  • tecnologie, in particolare lavorando su automazione avanzata, robotica e intelligenza artificiale, per ridurre i costi operativi e migliorare l’efficienza produttiva;
  • illuminazione, con LED sempre migliori dal punto di vista energetico per ridurre i consumi;
  • ricerca genetica, per sviluppare varietà di piante ottimizzate per ambienti interni, migliorando la resa e riducendo i tempi di crescita;
  • diversificazione delle colture, con le sperimentazioni su cereali, legumi e frutti più complessi, per ampliare le applicazioni commerciali.
Uomo che controlla dati riguardo la vertical farming
Rawpixels stock/shutterstock

Pensando invece ai limiti che il vertical farming dovrà affrontare, in sintesi, questi saranno i temi:

  • elevati costi energetici, perché anche al netto dei progressi tecnici l’illuminazione artificiale e gli ambienti controllati richiedono energia, e se questa proviene da fonti non rinnovabili i benefici ambientali si riducono;
  • sostenibilità economica, in quanto i costi iniziali di installazione e mantenimento sono alti limitano l’accessibilità per molti produttori e la competitività rispetto all’agricoltura tradizionale, pertanto, dipende dall’economia di scala;
  • limiti di natura agronomica, che valgono su colture che richiedono ampio spazio e tempi di crescita più lunghi, come gli alberi da frutto;
  • dipendenza tecnologica, perché la complessità dei sistemi richiede manutenzione e conoscenze avanzate, ed eventuali problemi di questo tipo possono avere un impatto immediato sulla produzione.
  • prezzi accessibili, aspetto fondamentale per far sì che i prodotti da agricoltura verticale possano essere acquistati da tutti ogni giorno.

Come abbiamo visto, il vertical farming per diffondersi ulteriormente su larga scala dovrà rispondere non solo a esigenze tecniche e di sostenibilità, ma anche poter soddisfare il mercato in modo specifico e diversificato, con prezzi alla portata del pubblico più ampio possibile. Il suo successo si misurerà nella capacità di ridurre i costi operativi ed energetici – anche utilizzando maggiormente sistemi di energia rinnovabile – ma anche nella possibilità di ampliare la gamma di colture e combinando altre tecnologie, come la plant cell culture. In un contesto di crisi climatica e urbanizzazione crescente, gli impianti in verticale potrebbero contribuire in misura sempre più rilevante alla produzione alimentare globale.

 

Immagine in evidenza di: Yang Zhen Siang/shutterstock

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