World’s 50 Best 2024: niente colpi di scena. Chi scende e chi sale

Alla World’s 50 Best tutto è andato come doveva andare, niente colpi di scena: sul primo gradino del podio arriva il ristorante di Barcellona Disfrutar (l’anno scorso era secondo, e il primo classificato per regolamento esce dalla competizione) e non si può che brindare alla bravura, al calore, all’intelligenza e alla perseveranza di Oriol Castro, Eduard Xatruch e Mateu Casañas. Oriol sul palco è visibilmente commosso: quanto hanno lavorato per arrivare fin qui. “Fino all’ultimo momento non eravamo certi, non dimenticheremo mai questa serata.” Eduard è addirittura in lacrime, e dedica il premio alla propria terra. Mateu: “Abbiamo sognato tanto questo momento.” Bravi bravi bravi. È il caso di dire: godetevela.

Secondo posto per Asador Etxebarri (Atxondo, Paesi Baschi), che è nel cuore di tanti. Del terzo diciamo tra un attimo, che è l’unica sorpresa del podio. Qui a Las Vegas sono le 22.34 di mercoledì 5 giugno, e all’Encore Theatre dell’albergo Wynn – dove normalmente si tiene lo show “Awakening” – i giochi sono fatti. Quante emozioni, il proverbiale “roller coaster” che è la specialità della città delle scommesse e della trasgressione. Detto del vincitore, permetteteci qualche veloce e disorganico commento su alcune delle posizioni che ci hanno particolarmente colpito.

Bruno Verjus tutti lo sanno: punta alla vetta. E in men che non si dica, anche grazie agli ottimi uffici delle sue pubbliche relazioni, è balzato al terzo posto. Il suo ristorante, Table di Parigi, è un posto accogliente, semplice, intelligente, creativo e costoso come ci si aspetta dalle capitale francese. Riuscirà a vincere? A questo punto il traguardo sembra vicino. DiverXo (Madrid, Spagna) a sorpresa (almeno per chi scrive) perde una posizione, da terzo a quarto. La vetta si allontana? Maido (Lima, Perù) sale al quinto posto ed è il miglior ristorante del Sud America. Micha Tsumura viene premiato da Jose Andres, la cui sola presenza è l’unica, silenziosa, testimonianza dei disastri nel mondo (a Gaza hanno perso la vita dei volontari della sua associazione World Central Kitchen).

[[ima3]]Atomix (New York) sale di due posizioni, al sesto posto, e si conferma miglior ristorante in Nord America. Sono super questi coreani. Alchemist (Copenhagen) dovrà aspettare. Uno dei più accreditati per scalare la vetta, in realtà retrocede: dal quinto all’ottavo posto. Ma rimane il ristorante più spettacolare del mondo. Gaggan a Bangkok torna miglior ristorante in Asia con il 9° posto (l’anno scorso era diciassettesimo). Diciamo che potrebbero titolare il premio “miglior ristorante in Asia se non esistesse il Giappone”.

Septime di Parigi balza all’11° al 24° posto, e ci sta, se la ristorazione è stare bene e mangiare cose buone. I fratelli Camanini (Lido 84) perdono 5 posizioni, dalla settima alla dodicesima, ma, diavolo, sono sempre altissimi. Viva Gardone Riviera. Trèsind Studio (Dubai, Emirati Arabi) perde due posizioni – da 11° a 13° – ma vince il titolo come miglior ristorante in Medio Oriente: un riconoscimento meritato per Himanshu Saini.

Quique Dacosta (Dénia, Spagna), 14°, sale di 6 posizioni e diavolo se se lo merita (ah, quel servizio di pesce a inizio pasto…). Kjolle di Lima scala 12 posizioni, da 28° a 16°, ed è un bello – e meritato riconoscimento – per Pia Leon. L’abruzzese Casadonna Reale di Niko Romito perde tre posizioni, da 16° a 19°. Poco cambia. Un po’ si sale, un po’ si scende, that’s life (come canta Sinatra nel ristorante a lui dedicato, qui al Wynn).

La più alta new entry è Wing di Hong Kong, al 20° posto, a dimostrazione che il cuore di 50 Best batte sempre più a oriente. Sühring rientra nella classifica e rientra alto, al 23° posto. Un classicone traslato dall’Europa a Bangkok. Brave persone, cucina classica, viva per loro. El Chato (Bogotà, Colombia) scala la classifica, da 30° a 25° e fa piacere. The Chairman di Hong Kong è “the highest climber”: da 50° a 26°. Cosa dicevamo del cuore di 50 Best e dell’Oriente? A Casa do Porco di San Paolo perde 15 posizioni, da 12° a 27°. Pensare che un tempo puntava alla vetta. Ma così va il mondo. Anzi: così va il porco.

[[ima4]]Den di Tokyo (32°) perde 11 posizioni, Pujol di Città del Messico (33°) addirittura 20, tempi duri per tutti. Piazza Duomo di Alba è l’unico italiano a fare bene, scala tre posti, da 42° a 39°, ed è un riconoscimento persino ottimo, in un anno di crolli in classifica. Le Du di Bangkok passa da 15° a 40°. Ci sta. Finalmente Alain Passard con il suo Arpège torna nella lista, in posizione 45. La Francia, al meglio, meno male. 

Hiša Franko (Caporetto, Slovenia), 48°, uh-là-là: meno 16 posizioni. E dire che non s’è mai mangiato così bene. Quel che si dice: una Caporetto. Mamma mia, Uliassi da Senigallia 50° (l’anno scorso era 34°): per chi scrive, il più buono ristorante italiano (proprio nel senso di “buono”, il più godurioso). Che peccato. Mauro peraltro qui a Vegas non c’è, nemmeno Catia, ci sono Filippo e un piccolo gruppo in rappresentanza.

Sono sono alcune primissime reazioni a caldo, ma trovate la classifica completa a questo link.Noi qui invece siamo a bordo piscina, dopo una serata piuttosto lunga: è il posto giusto per qualche considerazione generale, tra un Martini e un gin tonic. 

Disfrutar è davvero il miglior ristorante del mondo? Farsi questa domanda, tutti gli anni, è quasi inevitabile, ma è sbagliata. 50 Best non è una guida, a dire la vero non è nemmeno una classifica. È un sondaggio tra gente del settore, cui viene chiesto di indicare i propri ristoranti preferiti senza praticamente nessuna regola se non quella di poter eventualmente dimostrare di esserci effettivamente stati. Dunque: Disfrutar è il miglior ristorante del mondo? La risposta è: Disfrutar è il più amato ristorante del momento da parte della gente del settore. Non è certo poco, ma non è nemmeno la Verità.

Che fine hanno fatto i Best of Best? Facendo un po’ di name dropping: René non c’è, Ferran non c’è, Heston non c’è, Rasmus non c’è. Persino Massimo non c’è (anche se rappresentato da Lara, e la sua pupilla Jessica Rosval è stata una delle protagoniste di queste edizione, insignita del premio “Champions of change” con Caroline Caporossi). C’è naturalmente Virgilio, fresco di alloro, e pure Mauro, e anche Daniel, e anche i Roca, e anche Thomas (Keller, che alla cena per la stampa ha preparato un avocado squisito: la classe non è acqua), ma, diamine, se 50 Best è una “comunità”, come spesso ribadito, buona parte dei senatori a vita è latitante. Va anche detto che in generale non è un buon momento per i senatori a vita.

[[ima2]]Agli Europei, ma non solo, Las Vegas ha fatto fortemente rimpiangere il buon, vecchio continente. Europa vuol dire clima mite, chef ricchi d’identità e cultura, mentre Vegas eccede negli opposti: temperatura rovente, franchise ed entertainment (non che siano da biasimare, ma una settimana di questa dieta può risultare pesante, in stile “Supersize me”). Chiudere centinaia di chef in un casinò per giorni è una buona idea. Per il casinò, s’intende: ormai si vocifera di cuochi che si son giocati migliaia di euro, chissà che a questi tavoli non sia passata di mano qualche proprietà. Non è escluso che il Wynn si sia ripreso una certa parte dei soldi investiti per aggiudicarsi la manifestazione. A Torino nel 2025 il problema non sussisterà, al massimo si scommette sulle bocce.

“Sull’edizione italiana stiamo già ragionando. Potrà essere l’occasione per portare tutti questi opion leader internazionali in Italia e far loro scoprire i nostri luoghi meno conosciuti all’estero. Ci sono tante zone d’Italia che noi amiamo, di cui noi conosciamo la meraviglia, ma che sono fuori dalla ribalta mondiale. 50 Best a Torino nel 2025 servirà a questo”, dice Niko Romito, con la sua intelligenza garbata. Riccardo Camanini invece è di massimo riserbo, ma sulla stessa lunghezza d’onda: “Non ci ho ancora pensato a dovere (va detto che gli facciamo la domanda subito prima della premiazione, magari ha altro per la testa, nda), ma credo sarebbe giusto che fosse un’occasione per far conoscere a tutti il miglior artigianato italiano.”

Poi i cuochi si perdono tra piscine e casinò, tra bar e tavoli di poker. È l’ora di andare via da Las Vegas. E cominciare a pensare a Torino.

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