L’Ego di Lorenzo De Lio e Beatrice Venturini, nato nelle cucine di DiverXO, seduce la Capitale

Si divertono scrivendo le pagine di un nuovo libro gastronomico capitolino Lorenzo De Lio e Beatrice Venturini, coppia protagonista di Ego, neonata insegna del mangiar nuovo, e bene, a Roma. Sei anni fa i due si incontrano nella brigata di DiverXO, il celeberrimo ristorante di Dabiz Muñoz, e tra un servizio e una ricetta si innamorano, prendono la volta di Zurigo per poi, dopo un viaggio itinerante di sei mesi in Messico, decidere di tornare in Italia pronti ad aprire il loro posto. 

Lei, ventiseienne originaria del lodigiano, su esortazione del padre, si avvicina al mondo del vino. Nel 2017 segue il corso Alma di Sala, bar e sommellerie, al quale fa seguito uno stage alla Madonnina del Pescatore a Senigallia, esperienza che si protrae per i successivi 4 anni. Quindi si sposta prima al Laite e poi in Spagna, a Bilbao e infine a Madrid, dove approda nella cucina di DiverXO.

Dove conosce Lorenzo De Lio, ventottenne romano, anche lui ex allievo Alma. Per De Lio i primi passi in cucina sono nella brigata di Bistrot 64, sotto l’ala dello chef stellato Kotaro Noda, che, dopo un anno di servizio, lo sprona ad andare all’estero. Atterra così in Spagna, prima nella cucina del leggendario Mugaritz, e poi da DiverXO, dove lavora per cinque anni. Dopo una breve parentesi a Londra, torna a Madrid e conosce la sua futura socia e compagna di vita. 

La grazia di Beatrice in sala e la violenza gustativa dei bocconi di Lorenzo stanno suggerendo ai romani un nuovo modo di stare a tavola tra la complessità degli abbinamenti e l’informalità dell’ambiente da bistronomia. Il loro Ego, concentrato delle esperienze della coppia in giro per il mondo, rifugge gli stereotipi, proiettandosi in una dimensione originale e inedita di ristorazione, contaminata, colta e variegata, che non si pone domande, ma va dritta al punto. 

[[ima2]]“Ego è l’io, la coscienza di sapere ciò che sei, e abbiamo scelto questo nome perché rappresenta la nostra idea, quel che siamo, le nostre passioni. È un luogo molto personale, somma di tutte le nostre esperienze, di quello che ci piace, della ricerca che ci ha portato a essere ciò che siamo e ciò che vogliamo mostrare” – racconta Venturini che, sola, in sala, cattura l’ospite in pochi istanti. Pacata, professionale e consapevole del suo ruolo, racconta con entusiasmo e gola i piatti del menu abbinandoli non solo a etichette di nicchia da tutto il mondo, ma anche a sorsi di cocktail e distillati. 

Suo è il merito della selezione di piatti, bicchieri e di tutta la sala, elegante e minimalista, sviluppata intorno a otto tavoli. Soffitto nero a smalto e forme sinuose, ferro e sabbia, questa la cornice per i bocconi del compagno chef.

“La mia cucina è contaminata al 100%, con un occhio sempre alla tradizione, tanto italiana quanto spagnola. La nostra aspirazione è rendere questo un punto di incontro fra culture, dove ogni ricetta è rielaborata con ingredienti e sapori dell’altra parte del mondo, nuove tecniche di cottura e preparazione” – così si racconta De Lio, chef giovane e dal curriculum internazionale, pronto a portare sulla brace influenze dal Messico, dal Giappone, e ancora Cina e Singapore.

[[ima3]][[ima4]]La proposta si struttura in due percorsi degustazione, Allegretto e Adagio, rispettivamente da 5 e 8 portate, anche se l’intenzione è quella di aggiungere un menu più lungo e dinamico fatto di tanti piccoli assaggi in sequenza. La linea è limpida e lineare incentrata principalmente sul gusto “perché il cliente deve innanzitutto disfrutar, insomma godere”, dice Lorenzo

Golosità ben evidente sin dal benvenuto, gagliardo e maturo, con Croqueta alla Carbonara, Tacos de Huitlacoche e Amok di Rana, passaporto esemplare di Ego, e della sua volontà di superare ogni confine tra Italia, Spagna, Messico e Cambogia.

[[ima5]][[ima6]]La fiamma creativa di De Lio è ancora più viva nei piatti successivi, dal Tuorlo d’uovo marinato in sakè e soia, servito con piselli alla brace, jus di trippa e tartufo nero fino all’Agnello e fasolari, con alga nori e mojo, salsa tipica delle Isole Canarie a base di olio d’oliva, qui arricchita di lime. Fresco è il Leche de tigre abbinato al polpo e tomate de àrbol, conosciuto anche come pomodoro arboreo o tamarillo, mentre più francese è il Magret di anatra da mangiare con le bacchette con cipollotto fresco e un’incredibile crema densa, dolce e lattica al calvados. 

[[ima7]]Scalda il cuore la Gallinella al vapore con salsa al chorizo, latte di cocco e finger lime, sormontata dai niboshi, varie specie di piccoli pesci essiccati tipici della tradizione culinaria del Giappone. A chiudere la batteria dei salati? L’Ostrica en escabeche con lardo e thonburi. Sembra tanto ma non è ancora tutto: Ego non si risparmia neppure sul fronte dolce con un Mexico Profitterol complesso e completo, tra burro d’arachidi, dulce de leche e mole negro messicano a farcire i bignè. 

[[ima8]]Tomate de àrbol, mojo canario, niboshi, thonburi, huitlacoche. Questi alcuni degli ingredienti che fanno di Ego un nuovo avamposto romano per una cucina universale che sulla scia del coraggio, della cultura e della curiosità inventa e reinventa la ristorazione italiana senza però lasciarsi prendere dal bisogno di applausi. 

[[ima9]]Ma niente cestino del pane. Da Ego i lievitati esistono come parte di un piatto per accompagnare una salsa. Dunque non chiedete il cestino del pane, perché non lo troverete. 

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