Le melodie liguri di Giuseppe “Giuse” Ricchebuono al Vescovado

Un attimo prima dell’inizio di un concerto, l’orchestra è schierata in bella mostra, mentre il direttore si trova al centro con la schiena rivolta al pubblico. È poco visibile, ma è evidente il suo impegno costante nell’assicurarsi che ogni musicista suoni la propria parte al meglio per trasmettere alla platea quanta più emozione possibile. Si gira solo alla fine e, in generale, non assume il ruolo di protagonista, ma piuttosto quello di colui che si impegna per coordinare gli orchestrali.

Così in musica come in cucina, il teatro diventa il terroir, gli orchestrali si trasformano negli ingredienti e la partitura in menù, tutto diretto senza posa dallo Chef.

In questa veste, almeno in Liguria, uno Chef la fa da padrone è Giuseppe “Giuse” Ricchebuono, del ristorante il Vescovado di Noli. Classe 1965, è da sempre accompagnato da due vocazioni, quella per la cucina e quella per la divulgazione del rispetto per il territorio, tanto da essere riconosciuto come un abile maestro di cerimonie quando si tratta di valorizzare l’ingrediente e spogliarlo di quello che non serve: un vero portabandiera del “non tanto di più”.

[[ima2]]Molto più mentore che protagonista, più incline al “dare” piuttosto che al “reclamare”, si può considerare Ricchebuono come la guida di molti che oggi sono diventati affermati ambasciatori del buono e del bello: Giorgio Servetto del Vignamare di Andora (per conoscerlo meglio leggi il nostro articolo) e Matteo Manzini (già abbiamo scritto di lui) solo per citarne alcuni, ma anche di professionisti che, insieme a lui, sono portavoce della Liguria gastronomica che tanto ci piace, come Gianfranco Rossino e Mirko Lacota.

Il teatro da cui Ricchebuono e il suo sous chef Alberto Moretti mettono in scena lo spettacolo è un luogo magico, arroccato in alto in una delle posizioni da cui si gode di una bellissima e vibrante Liguria. Lontano dal trambusto del traffico ed immerso in un adagio tranquillo, Giuse dirige una delle espressioni più autentiche del territorio ligure e per fortuna non lo fa da solo. A questo progetto infatti partecipa a pieno titolo tutta la sua famiglia: i figli Elia e Martina, entrambi in sala, si dividono tra i formaggi, lui, e la cantina, lei. La loro madre Alessia Vezzolla, invece, ha in mano la sala e tutti insieme sono accordati sulla frequenza dell’accoglienza: quando varchi la soglia sei a casa loro, ma ti senti a casa tua.

[[ima3]][[ima4]]La proposta gastronomica del Vescovado è al servizio degli ospiti che la scelgono perché praticamente priva di trucchi – uno stile che si rivela rischioso se adottato da una mano poco esperta, ma in quelle di Ricchebuono la spontaneità della natura e la fiducia verso i produttori da cui si serve, diventati anche loro famiglia, si fondono in quell’esperienza tipica di chi fa sembrare facili anche le cose meno semplici da realizzare.

[[ima9]]Il nuovo menù può essere inteso come un “da capo”, ossia un onesto e marcatamente consapevole ritorno alle origini, in altre parole: pura stagionalità. Quattro come le stagioni, i menù si alternano nel corso dell’anno e sono composti sia da alcuni piatti che cambiano ogni volta, sia da altrettante pietanze che rimangono simili nella preparazione, ma dove il protagonista cambia seguendo la stagione. In questo modo, al Vescovado è possibile immergersi in armonie gastronomiche ogni volta diverse, ma con una radice sempre comune. Al giorno d’oggi, quando il tempo non basta mai, è diventato quasi un lusso poter gustare gli ortaggi nella giusta stagione, nel pieno della loro concentrazione di sapore. Al Vescovado non troverete le fragole a Natale o la verza d’estate, ma ci saranno gli asparagi in primavera e la zucca d’autunno: insomma, tutto come dovrebbe essere.

Per fortuna, non stiamo raccontando solo di una bella idea o di una filosofia di azione, ma di una realizzazione identitaria dove si capisce immediatamente che siamo in Liguria.

[[ima5]][[ima6]]Nel suo svolgersi, il menù Primavera vede piatti meravigliosi dal forte impatto come la Salsiccia di seppia, cipollotto rosato di Savona ed il suo quinto quarto che vale un applauso a scena aperta, oppure come Triglia di scoglio alla brace, carciofo d’Albenga, olive taggiasche e ciuppin che nella sua semplicità diventa una coccola di Giuse per i suoi ospiti. Anche se siamo di fronte al mare non mancano le carni come Agnello di pecora brigasca, ortiche e amarene sciroppate e i Bottoni farciti di coniglio, macchetto di acciughe e marò di fave che fanno molto eco alle origini della gastronomia ligure di quando il pesce lo si pescava per venderlo e non per consumarlo; perché al Vescovado le radici non si dimenticano.

[[ima7]][[ima8]]Il ruolo di solista è affidato ad un ortaggio che Ricchebuono potrebbe usare al posto della bacchetta per dirigere la sua cucina: l’asparago violetto d’Albenga. Protagonista indiscusso della stagione dei fiori, lo troviamo sia nell’antipasto Asparago violetto d’Albenga, rose e capperi di Verezzi che nel dessert Prescinseua, chinotto di Savona ed asparago violetto d’Albenga quasi a raccontare un discorso gustativo che inizia con un sapore, si evolve e poi fa ritorno per chiudere il cerchio; come la ciclicità delle stagioni che ritornano sempre al punto di partenza.

[[ima10]]Non è un esercizio di stile, ma una scelta accurata che parla di primavera, anzi la urla a gran voce a tutto il golfo.

Una passeggiata lungo un sentiero nel bosco, circondato da rovi in fiore, corbezzoli, lavanda, timo, ginestre e in lontananza l’azzurro del mare. Queste sono le note che Giuseppe Ricchebuono scrive sul pentagramma, questa è la musica che si diffonde dal Vescovado suscitando un’emozione semplice, ma profonda.

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