In Umbria, nel ristorante che punta tutto sul (suo) tartufo

L’azienda
Ubicata a pochi km da Trevi (Perugia), la tenuta di San Pietro a Pettine è una azienda specializzata nella produzione di tartufo. All’interno troviamo un bellissimo ristorante, una zona bar esterna che prende vita nel periodo estivo e le camere con offerta d’accoglienza disponibile a breve. L’anno di partenza è il 1948 e il nome deriva dalla chiesa romanica rurale che ancora oggi troviamo all’interno della proprietà. Questa chiesa, di piccole dimensioni, per molti anni fu utilizzata come ricovero per il bestiame. La famiglia Caporicci decise di ristrutturarla e restaurarla per riportarla alla funzione originale. «Nulla sarebbe stato possibile senza le persone che mi sono vicine» sottolinea spesso Carlo Caporicci, il proprietario dell’azienda. Nel racconto della realtà agricola c’è un vero legame tra la terra e le persone che nella tenuta hanno avuto un ruolo. Tutto questo si ritrova poi anche nel ristorante. [[ima2]][[ima3]][[ima4]]

 

I prodotti 
L’azienda agricola mette a disposizione tre categorie di prodotto. Si parte naturalmente dal tartufo fresco e in cinque tipologie. L’eccellenza è il bianco pregiato (Tuber magnatum pico) con il periodo di raccolta che va tra l’ultima settimana di settembre e la fine di dicembre. Si passa poi al nero pregiato (Tuber malanosporum vitt.) con il periodo di raccolta che invece racchiude il mese di dicembre fino alla metà di marzo. Segue il tartufo estivo (Tuber aestivum vitt.) con tempistiche che vanno da fine maggio a fine agosto e l’uncinato (Tuber uncinatum chatin) che coinvolge i mesi di ottobre, novembre, dicembre e gennaio. Interessante il tartufo bianchetto con periodo di raccolta che va da metà gennaio a metà aprile. Oltre al mondo del fresco troviamo anche il tartufo conservato sotto forma di polvere, vellutata, pesto, salse, condimenti e molto altro. Infine c’è anche il tartufo surgelato, tartufo estivo intero ma anche, in quantità limitate, il bianco pregiato e il nero pregiato. 

 

Il ristorante e l’esperienza gastronomica 
[[ima5]]Non serve ricoprire i piatti di tartufo. Se buono, ne basta poco. Non serve neanche fare tanta scena. Grattate maestose, fiumi di scaglie o pioggia di lamelle non portano nulla. Quando si va a mangiare il tartufo serve equilibrio. La Cucina di San Pietro a Pettine – questo il nome del ristorante – fa proprio questo, unisce in maniera coerente e golosa il tartufo al cibo. Dietro c’è una idea: il rispetto del piatto. 

La location è uno dei punti forti. L’arredamento e il gioco con le luci esterne, grazie all’ampia vetrata che affaccia sulle colline umbre, rende unico il momento. Attento anche lo studio delle luci interne che, illuminando bene senza creare un ambiente troppo soffuso, evitano allo stesso tempo l’effetto palestra. Le sedute sono molto comode e questa è cosa quasi rara. Semplice ma allo stesso tempo raffinata la mise en place. Come benvenuto, buono il cocktail con prodotti della mixology della zona. Possibilità di scegliere alla carta oppure il menu degustazione (per l’intero tavolo) al costo di 70 euro. Per l’abbinamento vino guidato dall’esperto sommelier Fabrizio, il costo è di 20€ per tre calici. Fabrizio insieme a Federico, sono dei ballerini in sala che sanno muoversi bene, sciorinano un servizio di alto livello ma allo stesso tempo molto leggero, puntuale, elegante e avvolgente. Il percorso degustazione inizia con le entrate che preparano il campo a L’ovo, uno zabaione salato al tartufo nero pregiato.

[[ima6]]Proseguiamo con Pancotto, bao cotto in brodo di tartufo nero pregiato, fagioli dall’occhio, trippa fritta di vitello, ristretto di birra, pecorino Del Santo”. In questo caso, uno dei piatti più interessanti della cena, con ottimo gioco di consistenze, equilibrio e bontà. Golosissima la trippa fritta. 

[[ima7]]Si continua con quello che è senza dubbio il piatto della serata. Clitunno è un omaggio gastronomico alla zona limitrofa alla tenuta. Nel piatto uno strangozzetto al latte (la chef Alice Caporicci confessa di aver appreso l’arte dello strangozzetto da una signora del posto. Questo significa valorizzare le tradizioni) con trota fario, pimpinella e tartufo bianchetto. Piatto molto buono, preciso, centrato. Lo strangozzetto al latte sta benissimo con la trota e accompagna un sapore deciso; il tartufo bianchetto offre sfumature aromatiche rispettando in ogni momento i sapori degli altri ingredienti. 

[[ima8]]Il secondo piatto è la Porcaccia; una porcaccia di collo di maiale etrusco con pane di farina di ghianda, fojata di erbe spontanee delle tartufaie della tenuta e marshmellow di mostarda di mele. Chiudiamo la parte salata poi con il piatto Amaro, un carciofo con aglio fermentato, prima di passare al dolce. Ecco Assunta, una crescionda con pere sciroppate al ginepro, risolatte, mandorla e caffè. In chiusura una piccola selezione di amari dove spicca sicuramente l’Amaro Ardelio, prodotto con erbe e piante officinali raccolte a mano proprio nella zona di Trevi.

In Umbria, nel ristorante che punta tutto sul (suo) tartufo

L’azienda
Ubicata a pochi km da Trevi (Perugia), la tenuta di San Pietro a Pettine è una azienda specializzata nella produzione di tartufo. All’interno troviamo un bellissimo ristorante, una zona bar esterna che prende vita nel periodo estivo e le camere con offerta d’accoglienza disponibile a breve. L’anno di partenza è il 1948 e il nome deriva dalla chiesa romanica rurale che ancora oggi troviamo all’interno della proprietà. Questa chiesa, di piccole dimensioni, per molti anni fu utilizzata come ricovero per il bestiame. La famiglia Caporicci decise di ristrutturarla e restaurarla per riportarla alla funzione originale. «Nulla sarebbe stato possibile senza le persone che mi sono vicine» sottolinea spesso Carlo Caporicci, il proprietario dell’azienda. Nel racconto della realtà agricola c’è un vero legame tra la terra e le persone che nella tenuta hanno avuto un ruolo. Tutto questo si ritrova poi anche nel ristorante. [[ima2]][[ima3]][[ima4]]

 

I prodotti 
L’azienda agricola mette a disposizione tre categorie di prodotto. Si parte naturalmente dal tartufo fresco e in cinque tipologie. L’eccellenza è il bianco pregiato (Tuber magnatum pico) con il periodo di raccolta che va tra l’ultima settimana di settembre e la fine di dicembre. Si passa poi al nero pregiato (Tuber malanosporum vitt.) con il periodo di raccolta che invece racchiude il mese di dicembre fino alla metà di marzo. Segue il tartufo estivo (Tuber aestivum vitt.) con tempistiche che vanno da fine maggio a fine agosto e l’uncinato (Tuber uncinatum chatin) che coinvolge i mesi di ottobre, novembre, dicembre e gennaio. Interessante il tartufo bianchetto con periodo di raccolta che va da metà gennaio a metà aprile. Oltre al mondo del fresco troviamo anche il tartufo conservato sotto forma di polvere, vellutata, pesto, salse, condimenti e molto altro. Infine c’è anche il tartufo surgelato, tartufo estivo intero ma anche, in quantità limitate, il bianco pregiato e il nero pregiato. 

 

Il ristorante e l’esperienza gastronomica 
[[ima5]]Non serve ricoprire i piatti di tartufo. Se buono, ne basta poco. Non serve neanche fare tanta scena. Grattate maestose, fiumi di scaglie o pioggia di lamelle non portano nulla. Quando si va a mangiare il tartufo serve equilibrio. La Cucina di San Pietro a Pettine – questo il nome del ristorante – fa proprio questo, unisce in maniera coerente e golosa il tartufo al cibo. Dietro c’è una idea: il rispetto del piatto. 

La location è uno dei punti forti. L’arredamento e il gioco con le luci esterne, grazie all’ampia vetrata che affaccia sulle colline umbre, rende unico il momento. Attento anche lo studio delle luci interne che, illuminando bene senza creare un ambiente troppo soffuso, evitano allo stesso tempo l’effetto palestra. Le sedute sono molto comode e questa è cosa quasi rara. Semplice ma allo stesso tempo raffinata la mise en place. Come benvenuto, buono il cocktail con prodotti della mixology della zona. Possibilità di scegliere alla carta oppure il menu degustazione (per l’intero tavolo) al costo di 70 euro. Per l’abbinamento vino guidato dall’esperto sommelier Fabrizio, il costo è di 20€ per tre calici. Fabrizio insieme a Federico, sono dei ballerini in sala che sanno muoversi bene, sciorinano un servizio di alto livello ma allo stesso tempo molto leggero, puntuale, elegante e avvolgente. Il percorso degustazione inizia con le entrate che preparano il campo a L’ovo, uno zabaione salato al tartufo nero pregiato.

[[ima6]]Proseguiamo con Pancotto, bao cotto in brodo di tartufo nero pregiato, fagioli dall’occhio, trippa fritta di vitello, ristretto di birra, pecorino Del Santo”. In questo caso, uno dei piatti più interessanti della cena, con ottimo gioco di consistenze, equilibrio e bontà. Golosissima la trippa fritta. 

[[ima7]]Si continua con quello che è senza dubbio il piatto della serata. Clitunno è un omaggio gastronomico alla zona limitrofa alla tenuta. Nel piatto uno strangozzetto al latte (la chef Alice Caporicci confessa di aver appreso l’arte dello strangozzetto da una signora del posto. Questo significa valorizzare le tradizioni) con trota fario, pimpinella e tartufo bianchetto. Piatto molto buono, preciso, centrato. Lo strangozzetto al latte sta benissimo con la trota e accompagna un sapore deciso; il tartufo bianchetto offre sfumature aromatiche rispettando in ogni momento i sapori degli altri ingredienti. 

[[ima8]]Il secondo piatto è la Porcaccia; una porcaccia di collo di maiale etrusco con pane di farina di ghianda, fojata di erbe spontanee delle tartufaie della tenuta e marshmellow di mostarda di mele. Chiudiamo la parte salata poi con il piatto Amaro, un carciofo con aglio fermentato, prima di passare al dolce. Ecco Assunta, una crescionda con pere sciroppate al ginepro, risolatte, mandorla e caffè. In chiusura una piccola selezione di amari dove spicca sicuramente l’Amaro Ardelio, prodotto con erbe e piante officinali raccolte a mano proprio nella zona di Trevi.

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