I vini dell’Alto Adige guardano in alto: «Salire di quota contro i cambiamenti climatici»
Pensare al futuro significa guardare in alto. Ne sono convinti in Alto Adige, che stanno cercando sempre più di progettare una viticoltura di montagna che, in maniera assolutamente naturale, possa affrontare il cambiamento climatico.
Il presidente del Consorzio Vini Alto Adige, Andreas Kofler, crede che questa sia la scelta giusta, quella di produrre vini in quota. «Il cambiamento climatico è innegabile – conferma – I vigneti dell’Alto Adige si trovano tra i 200 e i 1.000 metri di altitudine. Ma si prevede che l’aumento delle temperature, nella nostra zona, sarà addirittura il doppio rispetto alla media».
[[ima2]]Una situazione che preoccupa: «Le viti germogliano prima e anche il periodo di maturazione è più caldo» spiega Kofler, che è anche presidente della Kellerei Kurtatsch.
«L’altitudine diventa così una risposta. Ogni 100 metri di altitudine abbiamo una differenza di circa 0,6 gradi. Le varietà che abbiamo a disposizione si adattano molto bene ai nostri terreni, e abbiamo anche dei rossi, nelle zone più calde, che resistono molto bene».
[[ima3]]Insomma, l’Alto Adige ha una grande risorsa, che si chiama montagna. Per questo chi produce vino ora si deve interrogare su come proseguire per mantenere una propria identità. «Dobbiamo pensare già oggi a quello che sarà fra 20 anni – ribadisce Kofler – L’altitudine sicuramente è un arma in più, ma non ci saranno nemmeno migliaia di ettari di vigneto a disposizione».
La dimostrazione arriva già da una piccola selezione di vini di chi ha già iniziato a puntare in alto. Un primo esempio arriva dal Pinot Bianco della Val Venosta 2021 di Castel Juval, su un terreno a sedimento morenico a circa 750 metri di altitudine. Un vino molto fresco e verticale, ma dall’ottima profondità.
[[ima4]]La sapidità è invece la caratteristica peculiare del Sylvaner vecchie vigne di Pacherhof, annata 2021, altitudine 650 metri in Valle Isarco. È proprio della Cantina Valle Isarco il terzo vino, Aristos, con un Kerner che resiste anche a situazioni estreme e che non ha “paura” dell’inverno. In questo caso è coltivato oltre gli 800 metri di altitudine, annata 2022, con profumi molto complessi, ma eleganti.
Quello di Thurnhof, invece, è un Sauvignon che si esprime molto per tipicità e finezza: l’annata è una 2022 e anche in questo caso ci troviamo attorno agli 800 metri.
[[ima5]]Infine superiamo la “soglia” dei mille. Peter Zemmer, infatti, per il Pinot Nero Riserva Vigna Kofl 2021, utilizza un vigneto a 1.030 metri di altitudine ad Aldino. Il Pinot Nero ama il freddo e non soffre di “vertigini” per le alte quote, e così risulta un vino estremamente elegante.
Puntare in alto, evidentemente, ha portato dei benefici: nessuno di questi vini risulta eccessivo, troppo strutturato o eccessivamente alcolico, ma si cerca maggiormente la freschezza e la facilità di beva. L’altitudine è un’arma in più, è vero, ma qui conta anche la bravura e l’esperienza dei vignaioli.