Globale, il nuovo menu dell’Osteria Francescana fa il giro del mondo in 12 piatti (ma è italianissimo)

Le cene di questi giorni per il G7 a Borgo Egnazia, dopo che ieri il Tortellante si raccontava all’Onu. I 30 anni dell’Osteria Francescana all’orizzonte, le 10 candeline di Food Four Soul – già, tanto è passato dal Refettorio di Milano, il primo di 11. Le aperture recenti o imminenti di Torno Subito a Singapore e Miami, che si aggiungono a quella di Dubai, alle 4 Gucci Osteria nel mondo (Firenze, Los Angeles, Tokyo e Seul) e alle altre insegne di Modena: Il Gatto Verde, Casa Maria Luigia (che ha appena ottenuto le 3 Chiavi Michelin), Il Cavallino a Maranello, Franceschetta 58. La consulenza al Cipriani di Venezia…

Non c’è tregua per Massimo Bottura, chiamato a essere uno e trino per seguire tutti i feudi di un piccolo reame fra 3 continenti. Piroette globali che il cuoco 61enne disegna con un’energia ammirevole: «Quand’ero bambino», rivela, «dicevano ai miei che, se non avessero assecondato la mia irrequietezza, avrei combinato casini pazzeschi». La dimensione dello star-fermi-mai è così connaturata nell’essenza che ancora una volta contagia il filo rosso del menu del ristorante ammiraglia, al debutto da pochi giorni.

Il degustazione 2024 si chiama Globale e celebra il valore del viaggio, nel luogo o nel tempo, come tutti i menu post-pandemici della Francescana. La bussola questa volta è il Mappamondo di Mario Schifano, un capolavoro che accoglie da tempo gli ospiti all’ingresso di via Stella. È un atlante coi confini tra i paesi blurred, sfumati, liquidi. Così è la cucina del ristorante, una società aperta dai tratti mai uguali a se stessi, una massa viva che si muove e trasforma assorbendo idee e preparazioni da luoghi lontani, poi piegate però alla dimensione emiliana e italiana: «Andiamo in giro per il mondo, sì, ma fino a certo punto».

[[ima2]][[ima3]]Mole e tandoori, tatin e tiradito, paella e key lime pie sono qui non per esprimere facili esotismi o riproduzioni perfette dell’originale; sono lo spunto per generare nuovi dialoghi tecno-culturali tra il qui e l’altrove. Un compito piuttosto ardito perché richiede prove su prove per generare equilibri stabili tra sapori e tradizioni così distanti.

Ma è un travaglio che dà vita a piatti dal delizioso al fantastico «perché il gusto e il palato vengono prima di ogni altra cosa». Bontà frutto di concentrazioni sempre dense e complesse («La cucina di prodotto? Non la faccio qui»), con meno proteine di sempre e note di fumo calibrate e più marcate che mai (il Gatto Verde…). C’è sempre un’estetica onestamente speciale e l’impiego di salse, fondi e brodi di nuova generazione che reclamano una codifica scritta per il lascito ai posteri.

Tutto questo sarebbe esercizio vano se i camerieri non sapessero valorizzare il patrimonio con mestiere e l’accortezza di valutare di volta in volta il profilo di chi siede al desco. «L’emergenza sala è finita», spiega il maitre Beppe Palmieri, rammentando la sua nota crociata di un tempo, «non che oggi sia facile trovare camerieri, tutt’altro, ma c’è molta più consapevolezza di quanto servizio e accoglienza siano cruciali per i destini di un’insegna». Lo crediamo anche noi.

OSTERIA FRANCESCANA, MENU GLOBALE, giugno 2024
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