Francesca Seralvo: «L’Oltrepò Pavese mostri la sua identità. E il Pinot Nero sia un traino per tutti»
In molti pensano che con l’elezione di Francesca Seralvo a presidente del Consorzio di Tutela Vini arrivi un chiaro messaggio, dall’Oltrepò Pavese: vogliamo emergere.
Troppe volte, infatti, la zona è stata ingiustamente additata come area di produzione di vini di qualità non eccelsa, da grandi quantitativi, senza punte di eccellenze. Un pregiudizio quantomai infondato, ma che purtroppo ha scalfito anche il reale valore di una zona ricca di grandi potenzialità.
Eletta in consiglio di amministrazione del Consorzio a fine febbraio tra i rappresentanti dei vinificatori, Francesca Seralvo è stata successivamente scelta all’unanimità dallo stesso CdA come nuova presidente. Avvocato, ma produttrice per amore della sua terra, guida dal 2015 con passione la Tenuta Mazzolino sulle orme del nonno Enrico Braggiotti. Con lei ci saranno i vicepresidenti Renato Guarini (Losito e Guarini per la categoria imbottigliatori), Cristian Calatroni (Calatroni di Calatroni Cristian per la categoria viticoltori) e Massimo Barbieri (Torrevilla Vit. Associati per la categoria vinificatori).
[[ima2]]Presidente Seralvo, quale sarà il nuovo corso del Consorzio di Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese?
Si prosegue su un lavoro già avviato, visto che ero già in consiglio. Siamo saliti su una barca che ha ancora tanto da fare, ma il timone è già sulla strada giusta.
Ma cosa manca a questo Oltrepò?
Due cose: dobbiamo mettere ordine alle diverse anime del territorio e definire un’identità ben precisa. E secondo, dobbiamo avere una grande consapevolezza del territorio, per poi arrivare a una zonazione.
E il Pinot Nero come riferimento di tutta la zona?
Il Pinot Nero deve diventare il traino. Vorremmo che quando un appassionato o semplicemente un consumatore pensa al Pinot Nero italiano, soprattutto all’estero, gli deve venire in mente subito l’Oltrepò. Siamo l’area più vasta di Pinot Nero, dopo Borgogna e Champagne, in Europa.
[[ima3]]Ma ora, parlando di Pinot Nero italiano, il pensiero si dirige maggiormente verso l’Alto Adige…
L’Alto Adige ha lavorato bene, portando in tutti gli ambiti una idea complessiva di qualità. Deve essere per noi lo stimolo a fare la stessa cosa. Dobbiamo ispirarci a quelli bravi.
In questo momento, qual è il livello dei vini della zona?
Di qualità ce n’è molta in Oltrepò, abbiamo un territorio che ci impone a fare bene. Ma non basta, e questo ci stimola a fare sempre meglio.
Ci sono ancora pregiudizi sull’Oltrepò?
Adesso, in un pubblico più attento del mondo del vino, il nome dell’Oltrepo è in ascesa. Anzi, dà l’idea di un territorio da scoprire. Prima i consumatori storcevano un po’ il naso.
C’è anche la questione di trovare il giusto prezzo per i vini…
Questo è fondamentale, perché dà un posizionamento di valore, e dobbiamo lavorarci anche a livello territoriale. L’agricoltore non può fare tutto da solo, ma il Consorzio può e deve essere guida una per loro.
[[ima4]]Solo Pinot Nero?
No, affatto. Dobbiamo portare avanti tutte le denominazioni del territorio. Dobbiamo fare un po’ d’ordine, magari facendo una piramide qualitativa, per poi avere una sempre maggiore consapevolezza del valore del nostro territorio, fino ad arrivare, in futuro, anche a una zonazione. Ma c’è bisogno di tempo.
E le bollicine?
La spumantizzazione è la punta di diamante del nostro territorio, sia in bianco che per il Cruasé, con il Metodo Classico. Vogliamo puntare a dargli sempre più valore, anche economico, e il Consorzio deve diventare un posto dove i produttori possano trovare un supporto concreto.
Concludendo, come sarà il Consorzio?
Un luogo di incontro. La porte sono aperte a tutti.