Ciccio Sultano e Riccardo Canella, che coppia a Ragusa! Storia di destini e libertà
È un dibattito aperto dalla nascita del mondo, ne hanno scritto Cicerone, Spinoza, Hegel, Nietzsche, fino ai pensatori contemporanei: il rapporto tra destino e libertà è sempre stato antitetico. Eppure due cuochi, trasponendo i concetti su piani diversi, pare stiano plasmando un’idea che riesca a unire i due principi.
Tutto accade nella scenografica Ragusa Ibla, nelle cucine del ristorante Duomo, due stelle Michelin da 19 anni, dove Ciccio Sultano, eminenza della cucina nazionale, ha accolto al suo fianco da tre mesi Riccardo Canella, chef veneto classe 1985 dal curriculum denso di esperienze in luoghi gastronomici tra i più blasonati al mondo. «Il destino ha voluto incrociare le nostre strade: ci sono cose che accadono solo se gli astri si allineano in un certo modo». Il cuoco padovano di Mestrino ricorda così l’incontro: «Eravamo a Ein Prosit e io avevo finito di cucinare in una cena a quattro mani con Corrado Assenza. Sultano avrebbe cucinato il giorno dopo nello stesso ristorante. Stavo sistemando le mie cose e lui stava facendo un sopralluogo. Ci siamo riconosciuti, abbiamo parlato, a novembre sono venuto a cena e da febbraio questa è la mia casa».
[[ima2]]Il destino in un incontro; della libertà parla Sultano: «I piatti dei nostri menu attuali sono stati creati a quattro mani. Era necessario chiarire una cosa fin dall’inizio: ognuno doveva sentirsi libero di proporre e di creare. Nell’esprimersi non ci deve essere costrizione, muretti o paletti». E sottolinea: «La bellezza del momento creativo sta nella libertà di esprimersi».
Dopo il diploma all’alberghiero di Abano Terme, Riccardo Canella lavora a lungo col pasticciere Luigi Biasetto, al fianco del suo capo-operazioni Ivan Centeleghe, che era anche capo-pasticciere di Gualtiero Marchesi agli inizi dell’avventura di Erbusco. A 23 anni per sei mesi è a Le Calandre degli Alajmo; dopo tre mesi in un bistrot a Oslo, nel 2014 entra da stagista al Noma e a dicembre del 2015 René Redzepi gli affida i galloni da sous chef. Nel 2022 indossa la toque di chef del ristorante Oro dello storico Belmond Hotel Cipriani a Venezia.
[[ima3]]Un percorso che ha toccato il Nord d’Europa e il Nord d’Italia, mentre a Ragusa spirano venti meridionali: «Quando sono andato via da Copenaghen – racconta lo chef veneto – ho avuto la sensazione che la tensione gastronomica andasse verso Sud. Probabilmente un pensiero controtendenza rispetto all’opinione diffusa che il Mezzogiorno offra meno possibilità di crescita per tanti motivi. In realtà la Sicilia è un El Dorado per ricchezza di prodotti, di storia, di cultura e per l’educazione delle persone». Il mondo visto con gli occhi di un cuoco: «Tutto su quest’isola è cultura gastronomica – prosegue Canella – Io sono una persona attenta e mi guardo molto intorno: sono arrivato in macchina e vedevo nei campi a bordo strada 30/40 tipi di erbe e di fiori diversi. Ogni uscita per me diventa un’ispirazione: a Vittoria trovo il pino d’Aleppo e ci faccio un gelato, poi assaggio pomodori meravigliosi, frutti di bosco, il pescato, l’agnello… Per me è un vero parco giochi».
[[ima13]]Canella non è un giovane in via di formazione, ma un nome consolidato della cucina italiana e Sultano gli affidato le chiavi del suo locale: possibile che Ciccio si senta sempre più manager e sempre meno cuoco? Lo chef siciliano sorride: «Credo che molti l’abbiano pensato. Nel nostro gruppo, che gestisco con la mia compagna Gabriella Cicero, oggi abbiamo diversi ristoranti: Roma, Vienna, il neonato locale all’interno dell’aeroporto di Palermo e io ho bisogno di avere al mio fianco persone valide su cui poter contare. Ma il 90% della mia vita trascorre nel ristorante Duomo, io sono presente più che mai e lo sarò finchè sull’insegna ci sarà scritto il mio nome». E aggiunge: «Per le mie visite ai locali di Roma e Vienna solitamente parto domenica e ritorno martedì perché il Duomo è chiuso domenica e lunedì. Non capisco come si possa pensare che io sia meno cuoco».
[[ima11]][[ima12]]Dunque Canella viaggiatore si è fermato a Ibla: «È vero, sono un viaggiatore, ma sono anche una persona che crede fermamente nelle cose che fa. Il lavoro in Sicilia prende totalmente ed è un’opera di cui sono orgoglioso e felice. Con lo chef stiamo lavorando a un processo di ricerca gastronomica che, per certi versi, mi sta facendo ritrovare il Riccardo che conoscevo, quello che si esprime a livello embrionale, quello che esprime in cucina le sensazioni di ventre, di passione, di fuoco». L’intesa tra persone non si inventa: «Il motivo per cui sono rimasto tanti anni al Noma è perché io e René ci riconoscevamo in certe cose. Oggi in Sultano riconosco molti tratti di me stesso: lui è un padre per tutti quelli che lavorano in azienda e lo è anche per me».
Il pensiero di Ciccio su Canella non lascia spazio a dubbi: «Riccardo in cucina ha un’energia inesauribile e dal punto di vista umano è una persona straordinaria e di grande sensibilità. Un po’ come sono io; magari dall’esterno non si vede, ma chi mi conosce bene sa che sono così. Siamo due persone con un carattere forte e un’idea precisa che lavorano insieme in modo perfetto». La data di scadenza della liasure? «Mi piacerebbe restare a lungo – risponde Canella – Del resto, a proposito di libertà, uno è veramente libero quando conosce se stesso e io vorrei andare via dalla Sicilia quando sarò più ricco di me stesso».
È nel destino degli uomini intelligenti la ricerca della libertà ed è nel destino dei grandi cuochi dare nuove forme al gusto. La sintesi in una frase dello scrittore e filosofo Albert Camus: “Creare è dare forma al proprio destino”.
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