Burato e la Valpolicella: per trovare il giusto equilibrio serve tempo

«Un grande vino è quello che ti invita a bere il secondo bicchiere. E questo vale anche per l’Amarone». Andrea Burato ha in mente un progetto ben preciso, che sta portando avanti con passione ma anche con grande attenzione. Poche bottiglie, circa diecimila, ma che siano contraddistinte dalla bevibilità.

Quella di Burato Wines è una strada non facile da prendere in Valpolicella. D’altronde l’Amarone è sempre stato considerato un vino potente e strutturato, da grandi occasioni. E non sempre queste caratteristiche si sposano bene con la parola bevibilità. 

«Abbiamo 20 ettari di vigneto di proprietà – spiega Andrea Burato – ma solo 2 sono dedicati al nostro progetto. Abbiamo iniziato nel 2014, con le prime microvinificazioni, e abbiamo realizzato il primo Amarone Riserva nel 2016».

[[ima2]]Ma c’è una grandissima attenzione al Valpolicella Superiore, del quale ne vengono prodotte circa 6mila bottiglie. Si parte prima di tutto dal vigneto di Marcellise, a nord est di Verona. «Posso dire che ho individuato due cru distinti, uno per il Valpolicella Superiore e l’altro per l’Amarone Riserva. Ci troviamo in una vallata che ci permette di realizzare vini più fini ed eleganti. Per il Valpolicella Superiore, utilizziamo solo uve fresche, senza alcun appassimento. Lavoriamo in tini troncoconici per poi arrivare a un affinamento di tre anni in botte, prima della bottiglia».

Uno dei valori sostenuti da Andrea Burato è proprio quello del tempo: il vino ne ha bisogno, per maturare e per diventare equilibrato. Ma poi c’è un terroir da rispettare e soprattutto Corvina e Corvinone, due vitigni che meritano rispetto. «La Corvina, per certi aspetti, ha una grande similitudine con il Pinot Noir – sottolinea Burato – e per questo non va affatto sottovalutata, ma va anzi valorizzata nel suo stretto legame con il territorio».

[[ima3]]Sull’Amarone ha le idee chiare: «L’Amarone deve essere longevo, e non “dolce” – insiste –Quando esce sul mercato, dopo 4 o 5 anni, è solo all’inizio della sua vita. Noi stessi ne mettiamo il 25% in stoccaggio. L’appassimento? Più è breve e meglio è. Veniamo da estati e autunni sempre più caldi, il rischio è di avere un vino troppo strutturato, glicemico e squilibrato sulle morbidezze. Quindi diventa difficilmente approcciabile e difficile da abbinare».

Insomma, le parole chiave di questa realtà sono identità territoriale, lavorazione artigianale, tempo ed equilibrio.

Andrea Burato punta moltissimo sull’identità del Valpolicella Superiore, con una vigna completamente dedicata a questo prodotto. Una sorta di cru, che ben si è espresso nell’annata 2017, dall’ottima finezza, e nella 2018, leggermente più strutturata e calda, ma sempre molto bevibile e dalle spiccate capacità di abbinamento con il cibo.

[[ima4]]L’Amarone Riserva rispecchia in pieno la volontà di Andrea Burato di fare vini meno strutturati, ma comunque dalle grandi potenzialità di invecchiamento. Il vino viene affinato quattro anni in botte di rovere da 20 ettolitri e poi riposa altri due anni in bottiglia. Il 2016 è un ottimo vino, anche se si tratta del primo vero esperimento aziendale sull’Amarone. Il 2017, invece, è elegante e piacevole, ma ugualmente lungo e con un finale leggermente tannico, che dimostra il potenziale di invecchiamento. Per la produzione, Burato si avvale della consulenza di Damiano Peroni.

Poche bottiglie, ma ben studiate e realizzate: la strada intrapresa da Burato sembra quella giusta.

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