Andrea Amadei, professione comunicatore: «Se non c’è anima, nessun messaggio regge. Il vino insegna»

Andrea Amadei è uno dei comunicatori dell’anno per la guida Bollicine del Mondo. Lo abbiamo definito così: «Andrea è una voce e un volto che non passano inosservati. Degustatore, autore radiofonico e televisivo, è voce di Decanter Rai Radio2 e volto del mezzogiorno di Rai1 con Antonella Clerici. È direttore editoriale di una rivista del vino “The Art of Wine”, creata privilegiando un linguaggio immediato, immagini e disegni atti a far emergere un pianeta del vino più moderno». Lo abbiamo intervistato.

Come e quando si è avvicinato al mondo del vino?
Fu la prima volta che mio nonno mi colorò l’acqua col Barbera, nel mio bicchiere in plastica, su cui erano disegnati piccoli coccodrilli colorati, un’immagine sfocata ma ancora stampata nella mia testa. In casa si parlava spesso di vino buono: mia mamma e il suo secondo marito lavoravano come agenti per una compagnia di distribuzione. A tavola vigne e vignaioli erano frequenti argomenti di dibattito. Tutti insieme assaggiavamo: ci confrontavamo e io ascoltavo, cercando di capire i valori fondamentali del vino per orientarmi in un mondo che già intuivo sterminato. Poi ho frequentato l’università di Scienze Gastronomiche a Parma, il corso da Sommelier alla Fis di Roma e l’incontro con “Vino al Vino” di Mario Soldati. L’età e l’esperienza hanno colmato le lacune ma non è mai tramontata la mia sete di curiosità.

Formazione essenziale per il suo successivo percorso tra i media?
Sì, molto. Il master universitario mi ha permesso di cercarmi lo stage che desideravo e di conoscere Fede e Tinto (Federico Quaranta e Nicola Prudente, popolari voci e volti di radio e tv), i miei maestri. Hanno apprezzato la mia preparazione accademica, multidisciplinare, sempre focalizzata sul cibo. Lo studio è stato utile a entrare in questo mondo e lo è ancor di più per rimanerci. È fondamentale avere una base di consapevolezza della materia per realizzare una comunicazione coinvolgente e affidabile. Serve avere delle basi per comprendere le unicità di un prodotto come il vino e le bollicine al fine di trasmetterle agli altri. Il pubblico si accorge se vai a memoria e non hai consapevolezza o conoscenza, in un discorso.

[[ima2]]Esiste un modello a cui si ispira?
La curiosità di Mario Soldati, la sensibilità di Gino Veronelli e la schiettezza di Anthony Bourdain sono i fari a cui provo ad ispirarmi. Ci sono poi tanti colleghi che stimo a cui cerco di fare più domande possibile per imparare.

Il mondo delle bollicine d’Italia è riconosciuto come merita, secondo lei?
“Sappiamo tutti che sul tema il modello è la Francia, un vero mostro sacro. L’Italia è cresciuta moltissimo negli ultimi anni: abbiamo etichette che possono competere tranquillamente con i grandi Champagne. Ci sono territori, come l’Alta Langa e la Lessinia, che stanno crescendo a livello di qualità e prestigio. Ed è sorprendente anche andare a stappare qualche vecchia bottiglia italiana e comprendere quanto qualche casa spumantistica fosse già avanti 30 anni fa. A volte sono i produttori stessi a sorprendersi, tanto da vendere vecchie annate con orgoglio.

Quali territori vede bene?
Quello che si stanno scoprendo proprio ora. Penso al Lazio, con le prime sperimentazioni di Cesanese, Nero Buono e Bellone. Poi ci sono le perle nascoste e il bello è andare a scovarle proprio come fate voi di Bollicine del Mondo.

[[ima3]]Come evolverà la sua professione nei prossimi 20 anni?
Non la vedo molto diversa e neanche mi interessa troppo pensarci. Mi piace seguire il flusso degli eventi e cogliere le opportunità inaspettate. Credo che il vino interessi a sempre più persone. È un pubblico di gente curiosa e amante dei piaceri della vita: vogliono sentirsi coinvolti e mai esclusi o ammaestrati. Sono persone che desiderano capire, divertendosi per poi orientarsi nel mare magnum delle offerte. Credo che il linguaggio del vino andrà semplificandosi, la fida è non banalizzare i concetti da trasmettere.

Si parla tanto di intelligenza artificiale? Qual è il suo pensiero?
In questo momento non mi piace perché non abbiamo ancora capito come usarla. La stiamo impiegando in maniera maldestra e maleducata, con le voci delle star rubate o le radio interamente AI. Se non c’è anima, non c’è emozione. E questo il vino ce lo insegna più di ogni altra cosa.

Comments are closed.