A lezione di pizza con Massimo Giovannini: la chimica di un buon impasto

Da cosa siamo attratti quando ordiniamo una pizza, ma soprattutto che peso diamo all’impasto nell’impatto gustativo di un morso? Tanti, ma proprio tanti si soffermano sulla farcia perché è lì che si concentra tutta la golosità, e così, in men che non si dica, la pizza diventa solo un pretesto per poter approfittare di tutto quel che ci finisce in cima. E se per un maestro dell’arte bianca quale è Massimo Giovannini della pizzeria Apogeo a Pietrasanta (Lucca), il primo passo per determinare la qualità del prodotto è sempre stato il cornicione, quante volte questo viene bistrattato, abbandonato nel piatto e destinato, ahinoi, alla pattumiera. Va anche detto, però che per decenni, delle vere e proprie riflessioni sull’impasto sono mancate e ogni azione, ogni scelta nella preparazione dello stesso erano frutto di un apprendimento passivo, perché se “così fa il maestro, così faccio anche io”, tenendo alla larga qualsiasi forma di interrogazione; oppure ci si formava da sé, senza mai scandagliare più di tanto la materia. Insomma, trovata la formula per un prodotto apprezzabile, tale restava vita natural durante.

«Oggi le cose sono cambiate», ci spiega Giovannini, autodidatta anche lui che, però ha deciso a un certo punto di formarsi e continua a farlo, fino a diventare egli stesso mentore di tanti ragazzi della nuova generazione di pizzaioli. «Le nuove leve arrivano con un bagaglio completamente diverso dal nostro – continua Giovannini – parlano di enzimi, di lievito e questo offre un ampio margine di approfondimento della materia», e come conseguenza ultima, un innalzamento generale della qualità della pizza, un obiettivo “in divenire” a cui il pizzaiolo di Apogeo continua a lavorare anche dopo 20 anni di attività.

«La mia grande fortuna è aver potuto lavorare accanto a esperti di chimica, i quali hanno saputo sviscerare e semplificare concetti inizialmente a me estranei, rendendo decisamente più chiaro il perché e per come di un processo, quel che accade quando utilizzi un ingrediente piuttosto che un altro in una data fase di lavorazione dell’impasto».

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Ora, forte di quelle conoscenze e munito di testi comprensibili che rendono meno criptiche la sequenza di reazioni all’interno dell’impasto, prende e applica quanto ha appreso. Un esempio? Negli ultimi anni Massimo ha rivalutato l’uso del lievito di birra, spesso identificato come il male assoluto in pizzeria, ed effettivamente se utilizzato in quantità sproporzionate o senza criterio, può esserlo eccome, perché – in parole povere -, “fa esplodere” l’impasto, gonfiandolo a dismisura in un tempo molto breve. E poi? Che effetto avrà tutto ciò sulla digeribilità del prodotto? Sui profumi e sugli aromi che un impasto degno di questo nome dovrebbe assicurare?

Massimo parte da un approccio molto pratico: mettere sulla bilancia vantaggi e svantaggi legati, quindi, al lievito di birra e al lievito madre.  

Innanzitutto, si considera il tipo di prodotto sul quale si va a lavorare: per il pane o i grandi lievitati, ma anche per preparazioni sfiziose come soffici bun o il pane in cassetta, il lievito madre è indispensabile; dà profumo, aroma e si presta per lente lievitazioni; diversamente, il lievito di birra innesca una reazione immediata, mentre dal punto di vista organolettico apporta quella scioglievolezza che il lievito madre non riesce a dare soprattutto quando agisce su farine di tipo 1 integrali.

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Aggiungiamo subito un tassello – la scelta della farina, anch’essa determinante per il tipo di prodotto che si intende ottenere. Una farina di tipo 1 è un “booster” di gusto perché integrale; fisserà delle note tostate, di cacao, di frutta secca e, dal punto di vista nutrizionale, è ricca di fibre; una farina di tipo 0, invece, risulta molto più neutra in termini gustativi, ma dona elasticità e bilancia l’apporto della farina tipo 1 che, usata in assoluto, renderebbe l’impasto troppo pesante, eccessivamente carico di fibra, appesantendo il morso.

E poi c’è il sale. Prima nozione base, più ne aggiungi, più rallenti la lievitazione dell’impasto. Quindi, al di là del gusto e della gestione della sapidità dell’impasto, il sale funge da regolatore nel processo di lievitazione; sono diversi, infatti, i pizzaioli che, per prolungare il tempo di lievitazione e “far resistere” l’impasto, aggiungono sale fino a una percentuale di 3% al kg; mediamente, però ci si tiene tra i 2/2,5%. Ma il sale ha anche una funzione cruciale nello sviluppo della maglia glutinica e, infatti, negli impasti ad alta idratazione viene aggiunta in specifici passaggi (e non tutto in una sola volta) così da garantire un risultato ottimale.

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E arriviamo ora alla ricetta su misura di Massimo Giovannini, in continua evoluzione, perché dopotutto non si smette mai di imparare: Massimo parte da un pre-fermento di lievito madre, 100% farina tipo 1, per poi procedere con un rinfresco con il 66% tipo 1 e la restante parte farina 0, e una quasi insignificante aggiunta di lievito di birra, bastevole per apportare la scioglievolezza desiderata. Sia subito chiaro, da Apogeo non parliamo di pizza napoletana tradizionale; leggerezza assicurata, scioglievolezza, certo, ma anche croccantezza, dispensatrice di un intenso profumo di forno, di grano tostato, di note calde e confortanti.

Quindi, tornando al punto di partenza, allo spessore del primo morso, in grado di preannunciare la dimensione dell’assaggio e della sua identità, cosa aspettarsi da Apogeo?

Un impasto sontuoso che non viene soffocato dall’importanza della farcia – deliziosa, ricca, articolata -, un impasto che imprime la sua complessità sul palato e mette in evidenza ogni singola attenzione che su di esso si riversa. Solo poi, nell’insieme, si schiude la golosità della creazione.

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Qui dove la tradizione non è un vincolo, al punto che anche una Marinara diventa a tutti gli effetti un’esperienza perchè esterna, nella sua semplicità, la finezza del pensiero, la libertà dell’interpretazione, che non è trasgressione fine a sè stessa, ma conoscenza, autenticità: aglio orsino battuto, dall’aromaticità prolungata, pomodori pelati, origano e briciole di pane aromatizzato, ovvero la genesi di una nuova memoria

 

E ora, una breve fotogallery con alcuni degli assaggi immancabili da Apogeo a Pietrasanta (Lucca)
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