La storia della piadina romagnola: dagli Etruschi alla certificazione IGP

     

    La pida se parsot la pis un po ma tot, dice un detto romagnolo, che tradotto significa: “La piada con il prosciutto piace un po’ a tutti”. E probabilmente è proprio così, visto che la piadina è una delle preparazioni più famose e apprezzate della Romagna, un prodotto diventato simbolo di questa terra, della sua gente e del suo folklore. Si tratta di un cibo semplice, che affonda le proprie radici nella cultura rustica e contadina e che, nel tempo, si è trasformato in un piatto diffuso, amato e sempre più richiesto. Chi fa un viaggio in Romagna, quindi, non può non assaggiare almeno una volta la piada, magari accompagnandola con un buon vino del territorio, anche se siamo sicuri che non si limiterà a una volta sola perché… una piadina tira l’altra! 

    Se questa pietanza è ormai conosciutissima, però, non tutti sanno quali sono le sue origini e l’evoluzione che ha avuto nel tempo, fino all’ottenimento della certificazione IGP. Scopriamo insieme, dunque, la storia della piadina romagnola, da dove deriva il suo nome e le differenze rispetto al cassone, un altro alimento tipico della Romagna.

    Che cos’è e com’è fatta la piadina romagnola

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    La piadina (o semplicemente piada) è un prodotto tipico della tradizione culinaria della Romagna. È realizzata con pochi e semplici ingredienti: farina di grano, sale, acqua, strutto, oppure olio di oliva. Alcune ricette possono prevedere anche l’aggiunta di agenti lievitanti come il bicarbonato, per esempio, ma si tratta di un componente facoltativo. 

    Secondo la tradizione, la piadina viene cotta su una padella tonda e piatta in terracotta chiamata “teglia” o “testo”, anche se oggi solitamente è in altri materiali, come l’alluminio. Il testo presenta un piccolo bordo, una superficie antiaderente e permette al calore di diffondersi in maniera omogenea su tutta la piada durante la cottura. Un tempo, le teglie di argilla erano prodotte esclusivamente a Montetiffi, piccolo borgo vicino a Sogliano sul Rubicone, dove ancora oggi si realizzano secondo l’antica tradizione. 

    La “Piadina Romagnola” è tutelata dal Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola IGP e ha ottenuto il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta). Esiste dunque un disciplinare che fornisce indicazioni precise su come deve essere realizzata e che specifica l’area di produzione, che riguarda le province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna fino al fiume Sillaro. Il documento chiarisce quali sono gli ingredienti obbligatori che deve contenere la “Piadina Romagnola” o “Piada Romagnola” IGP, i facoltativi, il sistema di preparazione da seguire ed esplicita il divieto di utilizzare conservanti, aromi e additivi di altro genere. 

    Quel che non tutti sanno, forse, è che nella stessa Romagna la piada tende a cambiare da zona a zona. In particolare come spiega il disciplinare stesso si possono distinguere due categorie: la “Piadina Romagnola” e la “Piadina Romagnola alla Riminese”. Scopriamo di più su queste due specialità!

    Piadina Romagnola

    La “Piadina Romagnola” ha uno spessore maggiore di quella alla Riminese (da 4 a 8 millimetri) e un diametro più ridotto (da 15 a 25 centimetri). Ha una consistenza più rigida e compatta, e le macchie ambrate che si formano con la cottura sono più piccole e distribuite in modo uniforme. 

    Piadina Romagnola alla Riminese

    La Piadina Romagnola alla Riminese, invece, si presenta più larga e sottile. Con uno spessore fino a 3 millimetri e un diametro che va da 23 a 30 centimetri, è più morbida e flessibile. Le vesciche che si creano con la cottura sono di grandi dimensioni e distribuite in modo disomogeneo.

    Storia della piadina romagnola: da chi e quando è stata inventata?

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    Dopo aver visto com’è fatta la piada romagnola e aver scoperto che nella stessa Romagna esistono versioni di piada diverse tra loro, scopriamo qualcosa di più sulle origini di questo alimento simbolo della tradizione regionale.

    Dagli Etruschi al Medioevo

    Come abbiamo visto anche parlando della storia della pizza, non è sempre facile ricostruire come sono nate e si sono evolute tante preparazioni che fanno ormai parte della nostra quotidianità. Per quanto riguarda la piada, le sue origini probabilmente sono da ricercare nella farinata di origine etrusca, sfoglia realizzata unendo diversi tipi di farine con acqua, senza l’aggiunta di lievito. Esistono poi diverse testimonianze del consumo di sostitutivi del pane, prodotti con cereali grezzi, in epoca Romana

    Durante il Medioevo, quando gli alimenti lievitati diventano un privilegio delle classi più abbienti, farinate e piadine senza lievito, realizzate con farine meno costose, si diffondono tra i ceti più poveri. Risale al Medioevo, per la precisione al 1371, anche la prima documentazione conosciuta che cita espressamente la piada: il Cardinale Angelico indica fra i tributi dovuti dalla città di Modigliana, in provincia di Forlì-Cesena, proprio due piade.

    Da sostituto del pane a gustosa alternativa 

    Con il passare del tempo, in seguito all’evoluzione dell’arte gastronomica, la piada diventa un alimento consumato principalmente da contadini e classi sociali meno abbienti. 

    Per centinaia di anni viene usata come sostituto del pane da mangiare tra un’infornata e l’altra (che avveniva una volta a settimana). Questo almeno fino al secondo dopoguerra, quando comincia a diffondersi maggiormente e ad essere vista non più come un prodotto da utilizzare in mancanza del pane, ma come un’opzione alternativa, differente e gustosa

    Negli anni Settanta, in particolare, avviene un ulteriore passaggio che porterà al prodotto di largo consumo che conosciamo oggi: comincia la produzione artigianale. Oltre a quella cucinata in casa, quindi, ora è possibile assaporare questo piatto della tradizione anche nei numerosi chioschi dedicati che iniziano ad aprire in Romagna, a cui si aggiungono i laboratori che, nel tempo, produrranno la piada per un mercato sempre più vasto. 

    La nascita del Consorzio e il marchio IGP

    Come anticipato, questa preparazione è oggi tutelata dal Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola IGP, creato da enti e aziende che lavorano nella produzione alimentare e che si trovano nelle provincie di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna fino al fiume Sillaro. L’obiettivo – come si legge sul sito ufficiale – è promuovere, valorizzare e informare il consumatore rispetto a questo prodotto tipico della Regione e vigilare sul rispetto del disciplinare, che riporta la ricetta della tradizione. È nel 2014, infine, che giunge il riconoscimento del marchio IGP.

    Storia del termine “piada”: perché la piadina si chiama così?

    Ma come nasce esattamente la parola “piada”? Le origini di questo termine, che nel dialetto regionale ha diverse versioni (pièda, pie, pida, pjida), sono incerte, ma probabilmente sono da ricercare nel greco pláthanon, che sta per “piatto lungo, teglia”. A rendere ufficiale il termine “piada”, però, è stato il poeta Giovanni Pascoli che ha italianizzato il dialettale pie. Forse alcuni ricorderanno il celebre poemetto in cui celebra questa preparazione e la descrive come “il pane nazionale dei Romagnoli”, contribuendo a unire per sempre questo piatto con la Romagna.

    Come si mangia oggi la piadina in Romagna?

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    Con la velocità dei ritmi quotidiani, oggi probabilmente sono sempre meno le persone che riescono a cucinare la piadina romagnola in casa, come facevano le nostre nonne. Spesso quindi la si acquista già pronta, da scaldare sul testo o su una padella antiaderente, oppure la si gusta direttamente nei chioschi che la preparano sul momento con tante farciture diverse. Molti ristoranti e trattorie della Romagna, inoltre, servono la piada al posto del pane, per accompagnare antipasti o secondi piatti. Quel che piace della piadina, infatti, è anche il suo essere un alimento molto versatile: si presta come street food, come spuntino o pranzo veloce ma anche, appunto, come alternativa del pane

    Per quanto riguarda le farciture, ce n’è davvero per tutti i gusti. Difficile non trovare l’abbinamento perfetto, perché le combinazioni possibili sono tantissime. Tra gli ingredienti usati più di frequente ci sono le verdure, sia cotte che crude, i formaggi freschi e i salumi. Alcuni abbinamenti che vi consigliamo? Sicuramente non potete perdervi la piada con prosciutto crudo, squacquerone e rucola, quella con verdure gratinate oppure, per chi ama il pesce, piada e sardoncini: vere delizie da leccarsi i baffi!

    E il cassone che cos’è?

    Oltre alla piadina, molti di voi avranno sentito parlare anche del cassone, ma che cos’è esattamente e in cosa si differenzia dalla piada? Si tratta di un’altra ricetta tipica della tradizione romagnola e presenta gli stessi ingredienti della piadina, tuttavia la farcitura e la cottura avvengono diversamente

    Il cassone ha l’aspetto simile a quello di un calzone e, in base alla zona, può essere chiamato anche crescione o cascione. Il termine “crescione”, in particolare, deriva dal tipo di verdura – che si chiama proprio in questo modo – con cui un tempo si farciva. 

    Ma come avviene la preparazione? Dopo aver messo il ripieno, il disco della piada (che è più sottile rispetto a quello della piadina) viene chiuso a mezzaluna e i bordi sigillati usando le punte della forchetta. Il cassone, quindi, viene cotto sul testo proprio come la piada. Tra le varianti che dovete sicuramente assaggiare? I classici pomodoro e mozzarella e con le erbette.

    Se tutto questo parlare di piada, piadine e cassoni vi ha messo un po’ di fame e di curiosità, non vi resta che provare voi stessi questi piatti gustosi. Ecco ad esempio alcuni consigli su dove mangiare la piada in Romagna e i nostri suggerimenti per preparare la piada a casa, sia in versione con che senza strutto. 

    Avete già avuto modo di assaggiare la piadina romagnola o di prepararne una? In questo caso, fateci sapere la vostra esperienza nei commenti!


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