Acquacoltura e sicurezza alimentare: quando la tecnologia rende il settore ittico più sostenibile
Sensori per monitorare gli allevamenti, droni per gestire al meglio i campi di acquacoltura, veicoli autonomi e connessioni wireless: la tecnologia entra a pieno titolo anche nel settore ittico. L’obiettivo? Renderlo più sostenibile, con un occhio di riguardo alla riduzione degli sprechi lungo tutta la filiera. Negli ultimi anni, poi, sempre più attenzione viene posta verso la sicurezza alimentare che, in un’epoca come questa, in cui ci ritroviamo ad affrontare le conseguenze del cambiamento climatico, assume una rilevanza ancora maggiore. Ma qual è lo stato dell’arte del comparto acquacoltura in Italia?
In questo articolo approfondiremo i motivi per cui si parla di “modello italiano di acquacoltura” e quali sono le novità tecnologiche più rilevanti per il settore.
Acquacoltura e cambiamenti climatici: quali sono le sfide per il settore?
L’allevamento di molluschi e pesci con il metodo dell’acquacoltura è, ad oggi, una delle attività produttive con il più alto tasso di crescita al mondo: nel 2021 ha superato i 100 miliardi di euro, uscendo di fatto dalla crisi dovuta alla pandemia da Covid-19.
La prossima sfida? Sicuramente il cambiamento climatico, che sta già toccando in maniera diretta il settore ittico. Come si trasformerà il comparto, quali problematiche dovrà affrontare e che ruolo avrà la tecnologia in tutto ciò?
Alejandro Guelfo, giornalista scientifico ed esperto di acquacoltura, ha parlato del tema durante la sesta edizione di AquaFarm, unico appuntamento in Italia – e tra i più importanti d’Europa – dedicato all’acquacoltura e alla pesca sostenibile, in contemporanea con NovelFarm. Guelfo ha sottolineato come il clima che sta cambiando così rapidamente possa portare in breve tempo a un aumento della temperatura degli oceani, alla variazione della salinità delle acque, del pH e delle quantità di ossigeno. Il rischio, inoltre, è che questa situazione crei condizioni favorevoli alla diffusione rapida di nuove malattie esotiche.
I nostri oceani sono in difficoltà, così come la sicurezza alimentare delle future generazioni, in un mondo in continuo aumento demografico. Eventi climatici estremi come le tempeste – che diventeranno sempre più frequenti anche a riva – e le inondazioni, colpiranno le attuali strutture per la produzione acquicola. Nel caso di coltivazioni in vasche di terra, l’innalzamento del livello del mare potrà compromettere i macchinari, che dovranno essere riparate con maggior frequenza.
A fronte di questo stato di cose, le misure che il comparto ittico può adottare devono rendere l’acquacoltura più resiliente. Come? Innanzitutto, attraverso la diversificazione dell’attività con specie più resistenti alle condizioni di maggiore temperatura e salinità. Poi, sarà necessario attivare impianti di acquacoltura offshore più lontani dalla costa e avviare programmi volti a migliorare la capacità di affrontare malattie ed eventi di temperatura e acidificazione più elevati.
Intelligenza artificiale e algoritmi per un’acquacoltura più sostenibile: il ruolo delle nuove tecnologie
Le innovazioni tecnologiche sono ormai protagoniste nel settore alimentare, e stanno assumendo sempre più importanza anche in agricoltura (si pensi ad esempio al vertical farming o alle colture fuori suolo). E il comparto ittico, come dicevamo, non è certo da meno.
I droni sono infatti fondamentali per l’acquacoltura, in particolare in ottica di sostenibilità. Il primo e più importante impiego di questa tecnologia è infatti quello di ispezionare gli allevamenti e contare i pesci: in questo modo si può limitare lo spreco di mangime, allo stesso tempo rendendo questi controlli più semplici rispetto ai metodi tradizionali – come l’invio di sommozzatori.
Non solo: i droni sono utili anche all’analisi delle acque, per controllare ossigenazione, torbidità ed eventuale presenza di sostanze dannose per i pesci. I risultati di questi dati rendeno quindi più semplice intervenire con strumenti mirati e risolvere facilmente il problema, contribuendo anche a diminuire l’impatto ambientale.
Anche il crescente utilizzo di sensori wireless consente di rendere il settore ittico più smart. Questi dispositivi, attivi 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, rilevano eventuali problematiche tramite alert automatici, indicando anche le cause del malfunzionamento e le azioni consigliate da intraprendere. Un caso è quello del Grundfos Machine Health, utilizzato con successo presso lo stabilimento Silver Seed che si trova nelle isole Lofoten, in Norvegia.
Questo tipo di tecnologie rendono più semplice e immediato capire lo stato di salute dei macchinari utilizzati in acquacoltura: con l’aiuto di analisti esperti e tramite la diagnostica, è possibile individuare le anomalie e intervenire in caso di guasti e usura.
I risultati più evidenti? Una riduzione notevole dei tempi di riparazione dei macchinari, minori costi energetici e un controllo più attento dell’inquinamento ambientale.
Il “modello italiano” di acquacoltura sostenibile: il caso del Polesine
A fronte delle sfide e dei nuovi strumenti per contrastare le problematiche derivate dal cambiamento climatico, qual è però lo stato dell’arte dell’acquacoltura in Italia?
A fornirci dati preziosi in tal senso è una ricerca svolta dal Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine in collaborazione con il CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), che ha indagato l’impatto ambientale della molluschicoltura nel Consorzio Scardovari, una delle prime esperienze applicative di certificazione SQN (Sistema di Qualità Nazionale) Acquacoltura sostenibile – riconoscimento che mira ad attestare la qualità, tracciabilità ed etichettatura rispetto agli standard di sicurezza alimentare.
Ne è emerso che si tratta di una delle filiere con l’impronta di carbonio più bassa (tra 0,07 e 0,53 kg di CO2 per ogni chilogrammo di prodotto, a fronte dei 100 kg di CO2 per ogni chilo di carne bovina prodotta). Inoltre, “l’allevamento dei molluschi bivalvi (vongole veraci e cozze) è l’attività trainante e principale sia sotto l’aspetto economico che occupazionale del nostro territorio” ha ricordato ad AquaFarm 2023 il dottor Emanuele Rossetti del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine.
Non solo: la produzione molluschicola è stata riconosciuta come di altissima qualità, e ha ottenuto diverse attestazioni tra cui la Certificazione Cozza di Scardovari DOP nel 2013, la Certificazione biologica (nel 2013 per la Cozza di laguna, nel 2015 per la vongola verace, nel 2018 per i mitili allevati a mare), e la Certificazione IFS per i due stabilimenti di trasformazione e commercializzazione.
“Da sempre i molluschicoltori polesani hanno operato con grande attenzione, rispetto e sostenibilità, come scelta obbligata per l’ambiente e per il proprio lavoro” ricorda Rossetti. Questo impegno si traduce in una serie di azioni concrete volte a tutelare il più possibile il territorio e l’ecosistema lagunare: specifici attrezzi da pesca, rispetto delle quote massime di raccolta giornaliera e della taglia minima del pescato, operazioni di pulizia dei fondali per evitare la contaminazione dei prodotti ittici, oltre a un servizio di vigilanza h24 sia al fine di scongiurare furti sia per garantire la corretta applicazione del regolamento di pesca concordato con l’Amministrazione Provinciale.
“Abbinando quindi il mantenimento e la salvaguardia di un ecosistema sano e produttivo, difendendolo dal degrado, e conducendo l’attività di un’acquacoltura realmente sostenibile, possiamo garantire da un lato l’importanza naturalistica delle nostre lagune, dall’altra preservare un settore che ricopre un ruolo primario in termini di occupazione e reddito per le generazioni presenti e future” conclude Rossetti.
Abbiamo visto come anche il settore dell’acquacoltura stia adottando metodologie sempre più in armonia con l’ecosistema, prestando il massimo impegno per minimizzare l’impatto sull’ambiente.
Eravate a conoscenza dell’uso di queste tecnologie nel settore?
Fonti:
Il Sole 24 Ore Radiocor
Immagine in evidenza di: Karina Movsesyan/shutterstock.com
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