Alaska: la tradizione della pasta madre che non ti aspetti
La pasta madre è un impasto vivo, fatto di acqua e farina, che deve essere alimentato a intervalli regolari e conservato a una temperatura compresa tra i 18 e i 25 gradi centigradi. Le sue caratteristiche organolettiche e “fisiche” dipendono, infatti, dall’ambiente in cui nasce e cresce, dal tipo di farina, dall’acqua e dalla tecnica che viene utilizzata per crearlo. Temperature troppo alte possono creare un ambiente sfavorevole alla crescita dei batteri, mentre temperature troppo basse possono anche “ucciderlo”.
E se vi dicessimo che in Alaska, dove si hanno picchi di -45 °C, c’è una lunga e antica tradizione legata alla pasta madre? E se vi dicessimo anche, che questa è stata fondamentale per assicurare la sopravvivenza dell’uomo durante la colonizzazione di questo Paese?
Abbiamo acceso la vostra curiosità? Per raccontarvi questa storia abbiamo preso spunto dalle parole della scrittrice Ruth Allman e dal suo libro Alaska Pasta Madre, Diario di cucina ai confini della terra (ed. Slow Food). Quindi, non ci resta che dirvi di coprirvi bene per avventuratevi insieme a noi nella sorprendente storia dei cercatori d’oro e della loro sourdough pot (pentola di pasta madre)!
L’Alaska, “la grande terra” e la corsa all’oro
Prima di raccontarvi di questa tradizione, dobbiamo fare un passo indietro e darvi un paio di informazioni sullo Stato più esteso degli Stati Uniti, il cui nome deriva proprio dalla parola Aleut Alyeska, che significa “la grande terra”.
Gli Stati Uniti, nel 1867, acquistarono l’Alaska dalla Russia per poco più di 4 dollari per chilometro quadrato. Alla fine dell’800 tra i fiumi Klondike, nel Canada nord-occidentale, e il fiume Yukon che attraversa l’Alaska, si scoprirono notevoli quantità d’oro, fatto che portò a un fenomeno di grande migrazione chiamato, appunto, “la corsa all’oro”. La maggior parte dei cercatori sbarcava a Skagway, in Alaska, e viaggiava via terra o risalendo i torrenti fino a giungere a Dawson City, città simbolo di questa corsa.
Il viaggio era lungo, le condizioni di vita estreme e anche costose, tanto che per passare il confine con il Canada bisognava infatti pagare alla dogana almeno cinquecento dollari, una somma molto alta considerata l’epoca. Ma non solo, bisognava inoltre assicurare di avere provviste di alimenti sufficienti almeno per un anno, ovvero circa 250 kg, ed è proprio qui che entra in gioco la nostra pasta madre…
La sourdough pot conquista l’Alaska
Quando si diffuse la notizia dei ricchi giacimenti d’oro trovati lungo il fiume Yukon, la popolazione dell’Alaska aumentò drasticamente. Minatori, ma anche molti liberi professionisti, insegnanti e medici arrivarono dalle parti più disparate del mondo in cerca di fortuna.
Non tutti, visto i costi molto elevati del viaggio, potevano permettersi dei cani ed erano dunque costretti a trainare la slitta da soli. Ecco perché era fondamentale avere cibi che pesassero poco ma che durassero nel tempo. Ad esempio, fagioli secchi, sostanziosi e di lunga durata, il lardo, molto calorico, e l’aringa, un pesce molto saporito che grazie alle sue piccole dimensioni non occupava molto spazio.
Ma non solo: i cercatori d’oro raccoglievano quello che trovavano lungo il cammino, come i mirtilli e lo sciroppo d’acero, prelevato direttamente dalla pianta dopo averla intagliata. La caccia non era molto praticata: richiedeva grande dispendio di energia e attrezzatura troppo ingombrante, per questo si prediligeva la pesca. Il salmone era un pasto consumato quasi quotidianamente perché, oltre a essere presente in abbondanza naturalmente, costituiva un ottimo alimento essendo un pesce grasso e ricco di nutrienti.
La cosa più importante era “trarre il più dal meno”, si legge nel libro di Ruth Allman, come nel caso della pasta madre, fedele compagna dei pionieri che ne ha assicurato la sopravvivenza nelle fredde terre del nord America. Ma come si otteneva? In pratica, si mescolava un po’ di acqua, facilmente reperibile facendo sciogliere della neve, con pochi cucchiai di farina e si lasciava fermentare. Si dava vita così a un impasto estremamente versatile che, una volta cotto, assicurava cibo per i pionieri anche nei luoghi più desolati. I cercatori venivano chiamati sourdough (“paste acide”) proprio per la loro abitudine di trasportare questo ingrediente. Si racconta che, per mantenere una temperatura ottimale per la fermentazione e non farla congelare, molti ci dormivano insieme.
La pasta era conservata in un secchio di legno, sourdough pot, che, oltre a mantenere la temperatura del lievito, non rischiava di rompersi a differenza del metallo, che tende a congelarsi facilmente o del vetro, materiale troppo fragile. L’impasto serviva per varie preparazioni, per la creazione di dolci con i mirtilli e sciroppo d’acero, fino ai pancakes cotti direttamente su una pietra o in padella o al pane cotto con uno spiedino sul fuoco, intingendo un rametto direttamente nella sourdough pot. In più il lievito madre poteva essere utilizzato come isolante e colla: era dunque un materiale fondamentale per la sopravvivenza dei cercatori d’oro.
Cos’è rimasto della pasta madre in Alaska oggi?
Un tempo, per i cercatori d’oro la pasta madre non rappresentava solo un alimento ma un vero e proprio stile di vita. Lo sourdough pot, infatti, veniva accuratamente posizionato vicino alla stufa nelle abitazioni, proprio per assicurare la giusta temperatura a questo ingrediente così fondamentale. La scrittrice Ruth Allman racconta di quando il marito pensò a costruire una mensola sul retro della loro stufa per mantenere viva la pasta acida, ancor prima di costruire il loro letto!
Oggi, ovviamente, la realtà delle case è ben diversa: i materiali di costruzione e i moderni sistemi di riscaldamento permettono alle abitazioni di trattenere e mantenere meglio il calore, condizione fondamentale per la sopravvivenza del lievito madre.
Dopo l’era dei cercatori d’oro, questo alimento era passato in secondo piano, ma negli ultimi anni c’è stata una riscoperta questa antica preparazione. Tanto che il 25 Agosto 2022 si è tenuto il primo “Bread Contest”, una vera e propria gara dove ogni concorrente doveva portare una pagnotta accompagnata dalla ricetta e dal procedimento con cui era stata realizzata, con l’unico vincolo di utilizzare solo la pasta acida.
Importante è anche il Yukon Sourdough Rendez-vous, che si svolge ogni anno. Si tratta di un festival in cui ci sono attività per tutta la famiglia: manifestazioni sportive e attività tipiche dei pionieri, come la colazione a base di pancakes al lievito madre e le slitte trainate dai cani per trasportare i sacchi di farina e molto altro ancora.
Una ricetta tradizionale dell’Alaska con la pasta madre: pancakes con mirtilli e sciroppo d’acero
Come accennato, questi tre ingredienti – pasta madre, mirtilli e sciroppo d’acero – facevano parte dell’alimentazione quotidiana dei pionieri. E i pancake erano una delle ricette tradizionali! Ecco allora la ricetta tratta dal libro Alaska pasta madre!
Ingredienti
- 460 g di madre (La madre si ottiene con 480 ml di acqua, 2 cucchiai di zucchero, 240 g di farina)
- 2 cucchiai di zucchero
- 4 cucchiai d’olio
- 1 uovo
- 1/2 cucchiaino di sale
- 1 cucchiaino scarso di bicarbonato di sodio (pieno se la madre è davvero acida)
- 100 g di mirtilli cosparsi di 2 cucchiai di zucchero
- q.b. di sciroppo d’acero
Procedimento
- Mescolate la pasta madre con lo zucchero, l’olio, l’uovo e il sale.
- Aggiungete i mirtilli cosparsi di zucchero e, dopo aver unito anche il bicarbonato, mescolate il tutto delicatamente.
- Versate l’impasto sopra una piastra bollente, fino al raggiungimento di una colorazione dorata. Girate i vostri pancake e serviteli con sciroppo d’acero.
Conoscevate la storia della pasta madre dell’Alaska?
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